Cinquecento nomine sul tavolo di Draghi, da Cdp a Fs si riscrive la mappa del potere

PAOLO BARONI

Di qui ai prossimi mesi il governo tecnico-politico è chiamato ad un’altra prova del nove: il rinnovo di una bella fetta di incarichi nelle società pubbliche. Sono circa 500 le poltrone in ballo, tra incarichi già scaduti ed in scadenza. Si parla di postazioni che valgono più di un ministero, come la potente Cassa depositi e prestiti, le Fs e l’Anas e la Rai, e decine di posti nei consigli di amministrazione e nei collegi sindacali delle tante controllate del Tesoro, di Eni, Enel, Poste e Leonardo. Vanno in scadenza incarichi definiti ormai tre anni fa, quando a dettar legge era la maggioranza sovranista giallo-verde, naturale quindi aspettarsi una certa discontinuità col passato.

Se Draghi riuscirà a tenere a freno gli appetiti dei partiti, che potrebbero trovare in questa nuova partita di nomine un modo per recuperare terreno (e potere) rispetto alla composizione dell’attuale esecutivo, ci si aspetta una decisa sterzata all’insegna della competenza dei nuovi candidati. E per la stessa ragione si può anche ipotizzare che nel fare le sue scelte Draghi punterà anche a valorizzare le tante risorse interne, anche confermando una serie di figure dal profilo più tecnico. È stato infatti proprio il nuovo premier, in qualità di direttore generale del Tesoro, ad esigere a suo tempo che anche nel pubblico si utilizzasse lo stesso strumento impiegato nel settore privato, affidando ai «cacciatori di teste» la selezione dei candidati migliori. Rispetto alle precedenti tornate, questa volta le scelte sono però più complicate, perché rispetto agli ultimi due governi sono ben sei i partiti della coalizione, con Lega e Forza Italia che si sono aggiunti a M5S, Pd, Iv e Leu, per cui sarà più difficile accontentare tutti.

La cassaforte Cdp

La postazione più ambita è certamente quella di amministratore delegato della Cassa depositi e prestiti, società controllata dal Tesoro e dalle Fondazioni bancarie che non solo gestisce i 200 miliardi di euro del risparmio postale ma ha in portafoglio una bella fetta di partecipazioni pubbliche (a partire da Eni, Terna, Poste, Snam e Fincantieri) oltre ad essere in corsa per rilevare la società Autostrade dai Benetton e per realizzare assieme a Tim la nuova società unica per la banda larga. Scontata la riconferma del presidente Giovanni Gorno Temprini in quota fondazioni, a ballare è l’attuale amministratore delegato Fabrizio Palermo, designato tre anni fa su indicazione dei 5 Stelle. Conte aveva promesso quel posto a Domenico Arcuri, ma questa ipotesi è tramontata. Al posto di Palermo la scelta potrebbe cadere sull’attuale vicepresidente della Banca europea degli investimenti, Dario Scannapieco, che nel 2018 era tra i papabili per questo incarico e che in virtù della conoscenza di vecchia data con Draghi nelle scorse settimane era entrato anche nell’ultimo totoministri. Scannapieco però ha ancora tre anni di mandato alla Bei, tra le alternative si fa anche il nome Luigi Gubitosi di Tim.

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