Draghi: «Tutto interessante». E dai ministri consigli sui riti del Palazzo

di Francesco Verderami

Ieri alla Camera Mario Draghiha evitato di fare ciò che l’altro ieri stava per fare al Senato. Durante il dibattito a Palazzo Madama era accaduto infatti che il presidente del Consiglio avesse trovato di suo gradimento un intervento, e fosse sul punto di battere le mani per manifestare il suo consenso. Non si saprà mai chi fosse il senatore, è certo invece che sia stato Giancarlo Giorgetti a fermare il capo dell’esecutivo un istante prima che applaudisse. «Non lo fare, non si fa mai dai banchi del governo», ha sussurrato al premier il ministro dello Sviluppo Economico che gli stava seduto a fianco.

Insomma, la prima volta in Parlamento a Draghi non è servita solo per ottenere lafiducia, è stata anche una sorta di apprendistato rapido rispetto alle regole del Palazzo. Per esempio: se l’altro ieri al Senato — mentre scrosciavano gli applausi al termine del suo discorso — il capo del governo aveva chiesto «ditemi quando mi posso sedere», ieri a Montecitorio gli hanno detto quando restare seduto. Perché appena terminata la replica, il premier riteneva che il rito si fosse esaurito, aveva raccolto i suoi appunti e si accingeva a lasciare l’emiciclo. Appena Federico D’Incá ha intuito cosa stava per succedere, l’ha afferrato per la giacca. Un gesto impercettibile, che il titolare per i Rapporti con il Parlamento ha accompagnato con la spiegazione. «Presidente, deve restare ancora in Aula. Bisogna attendere le dichiarazioni di voto». Il tour de force è stato stancante e insieme un condensato di emozioni, come lo stesso Draghi ha ammesso dopo due giorni di dibattito che ha trovato «interessante». E il giudizio è quanto meno un indizio, un modo di iniziare a conoscerlo per molti dei suoi stessi ministri, che con lui ancora non sanno come comportarsi. D’altronde sono due mondi diversi, storie che hanno avuto rari incroci. Al punto che il premier — quando parla coi politici della sua squadra — si rivolge dando e ricevendo il «lei», eccezion fatta per Giorgetti che conosce da quando stava a Bankitalia e per Renato Brunetta che conosce da una vita.

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