Covid, l’Italia in zona arancione: ipotesi lockdown leggero

Per questo si sta potenziando un sistema di controllo del territorio, un dialogo costante Ministero della Salute – Regioni, perché scatti puntuale l’allarme ogni qual volta ci siano anomalie nel numero dei contagi in un determinato territorio. Questa non è solo una ipotesi, ma un sistema già pronto. Tempestivamente, anche con il sostegno (o la pressione) del Ministero della Salute, se c’è una anomalia la Regione deve intervenire e delimitare con zone rosse le aree a rischio: sia un’intera provincia sia un singolo comune. Ci sono già stati gli esempi recenti di Perugia, Pescara e Chieti, ma ciò che serve è un meccanismo quasi automatico, che non dipenda solo dal buon senso di un singolo governatore.

Di fatto, sia la fascia arancione su tutto il Paese (se sarà confermato questo orientamento) sia le chiusure su scala comunale o provinciale saranno possibili anche se l’Rt, l’indice di trasmissione, risulterà essere sotto al livello critico di 1. A mettere in discussione l’attuale sistema dei colori, non è solo il cambiamento di scenario determinato dalle varianti, ma anche i segnali che arrivano da alcune regioni. L’assessore alla Sanità dell’Emilia-Romagna, Raffaele Donini: «Lo sto dicendo da giorni, così non funziona, perché passiamo continuamente da giallo ad arancione e viceversa, senza risolvere il problema. Di fatto il virus si sposta, semplicemente, da un’area all’altra del Paese». Questa tesi ieri è stata rilanciata anche dal presidente dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini (che è anche presidente delle Regioni) che ha spiegato, sostenuto da De Luca (Campania), Giani (Toscana) e Fontana (Lombardia): «Ho chiesto ai ministri Roberto Speranza e Mariastella Gelmini di valutare restrizioni omogenee per respingere questa nuova ondata».
 

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IL MESSAGGERO

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