Primo vertice fra Draghi e i capi partito. Il modello inglese per il piano vaccinale

Questo significa che da qui a fine marzo potremmo aver alzato un muro difensivo contro il virus per altri 5 milioni di italiani. Tante quante sono le dosi che entro la fine del primo trimestre AstraZeneca si è impegnata ieri a consegnare all’Italia, recuperando i ritardi nelle consegne che si sono verificati n queste settimane. Poi, da aprile e fino a luglio, dalla multinazionale britannica arriveranno ben 22 milioni di dosi che potranno immunizzare altrettanti italiani pur soltanto con la prima dose. Considerando poi che nel secondo quadrimestre arriveranno altri 12 milioni di dosi Pfizer, 7,3 del vaccino monodose di Johnson&Johnson che dovrebbe ottenere a metà marzo l’ok dell’Ema, 4,6 milioni di fiale Moderna, ecco che l’obiettivo “Covid zero” prima dell’estate proclamato dai grandi nel G7 di venerdì potrebbe non essere poi così utopistico.

Per quasi due ore il premier, affiancato dal sottosegretario della presidenza del Consiglio Roberto Garofoli e dal segretario generale Roberto Chieppa si è confrontato con i ministri per capire come organizzare l’accelerazione del piano vaccinale attorno a una convinzione: per sanare la situazione di carenza, le dosi prodotte da AstraZeneca «vanno rapidamente impiegate» in Italia. E per accelerare, il ministero della Salute sta per emanare la circolare che autorizza una volta per tutte l’antidoto di Oxford anche per gli italiani tra i 55 e i 65 anni, purché sani. Poi chiamata generale alle armi: volontari della protezione civile, medici di famiglia, pediatri, infermieri, camici bianchi di Asl e ospedali, tutti impegnati a iniettare in ogni luogo disponibile i vaccini.

LA STAMPA

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