M5S, partono le espulsioni. Di Battista con i ribelli: “Fossi in loro farei ricorso”
alessandro di matteo
Sarà pure semplicemente uno che «porta avanti battaglie da fuori», ma di sicuro Alessandro Di Battista è ancora molto attento a quello che accade «dentro». A poco più di una settimana dal suo addio a M5s l’ex “gemello” di Luigi Di Maio fa capire – se ce ne fosse stato bisogno – che uscire dal Movimento non significa affatto lasciare la politica, anzi. La diretta di un’ora su Instagram, piazzata proprio nel giorno in cui i probiviri annunciano le espulsioni dei ribelli, conferma i timori dei vertici Cinque stelle. Per carità, come da copione lui nega di voler «fondare partiti» o organizzare «scissioni», ma nel suo comizio online di 50 minuti Di Battista dispensa «consigli» agli espulsi che pensano di fare ricorso («io lo farei»), definisce «una accozzaglia indecorosa» la maggioranza che sostiene il governo Draghi e, di fatto, rivendica di essere lui il vero Movimento 5 stelle, quello delle origini: «Io non ho mai cambiato idea, è il Movimento che non la pensa più come me».
Il tutto, appunto, subito dopo la notizia dell’avvio della procedura di espulsione nei confronti dei parlamentari M5s che hanno votato contro il governo Draghi. Una decisione annunciata dai probiviri con un comunicato e contestata da Raffaella Andreola, una dei componenti del Collegio dei probiviri M5S. Ma i colleghi non le danno ascolto e vanno avanti, annunciando anche l’avvio di «una fase di attenta verifica su tutti i portavoce (i parlamentari, ndr) non in regola con le rendicontazioni».
Di Battista si schiera con i ribelli, spiega di non essere d’accordo con le sanzioni e dice di essere d’accordo con Nicola Morra – uno dei cacciati – che chiede di far votare gli iscritti. «Magari con un quesito che sia su questo molto, molto chiaro», aggiunge velenoso, dopo il quesito decisamente “schierato” con il quale il M5S ha fatto decidere i militanti sul governo Draghi. Di sicuro, aggiunge, se lui fosse stato in Parlamento avrebbe «votato no».
Durante la diretta lui risponde a molte domande di ascoltatori, regala momenti degni di un film di Carlo Verdone quando spiega per quale motivo non si è candidato alle ultime elezioni: «Nel 2018 ero “cotto”, avevo dato “il fritto”». Parla di complotti, «congiure» che sarebbero dietro la caduta di Giuseppe Conte, «un galantuomo molto leale».
Pages: 1 2