Fausto Gresini morto per Covid, aveva 60 anni. Da pilota e da manager ha fatto la storia del motociclismo

Fausto Gresini con Marco Simoncelli (Ansa)

Fausto Gresini con Marco Simoncelli (Ansa)

La partnership con Honda

Fausto imparava in fretta, da autodidatta ma con tanta passione, e ben presto divenne un riferimento per la Honda che nel ’99 lo coinvolse nello sviluppo della nuova NSR 250, affidandogli anche un nuovo pilota: Loris Capirossi… Nel 2000 arrivò in squadra il fenomeno Daijiro Kato, un ragazzino un po’ timido, sradicato dal Giappone e trapiantato in Romagna. «Non sapevo chi fosse ma avevo trasferito la mia ambizione di pilota a quella di manager» raccontò a Carlo Canzano della Gazzetta dello Sport. L’anno dopo Kato era campione del mondo della 250, lanciato verso un radioso futuro in MotoGp dove vinse subito nel 2002, chiudendo al terzo posto.

I drammi di Kato e Simoncelli

Kato è stato il primo dei due momenti più bui della carriera di Gresini. L’incidente mortale del giapponese a Suzuka nel 2003 gli ha lasciato una cicatrice profonda e dolorosa quasi quanto quella che nel 2011 gli lascerà la scomparsa di Marco Simoncelli. Daijiro e Marco, bruciati entrambi nel fiore degli anni e agli inizi di una straordinaria ascesa in MotoGp. Fausto ha nascosto il dolore nei recessi del suo animo e ha trovato la forza di continuare grazie alla struttura che nel frattempo aveva fatto crescere fino a farla diventare uno dei team privati più vincenti e affidabili. Dalla Moto 3 alla Moto2, fino alla MotoGp e alla nuova Formula E. Sempre un passo avanti a tutti.

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