I veri limiti di Astrazeneca
Il problema di questa strategia di vaccinazione, con un vaccino poco efficace e con due dosi molto distanziate, è che la generazione di un’immunità parziale (con basso titolo di anticorpi neutralizzanti) generata in una larga parte della popolazione può favorire lo sviluppo e la selezione di varianti che rendano meno efficaci tutti i nostri vaccini. Questo perché, a differenza dei vaccini basati su mRNA, il vaccino di Oxford non sembra bloccare l’infezione: la protezione che si è osservata finora è irrilevante, anche se nuovi dati sono in elaborazione e si spera che siano migliori. Inoltre, i soggetti vaccinati e infettati potrebbero non sviluppare sintomi e quindi favorire la diffusione del virus. Ragione per cui questo vaccino non è adatto a contesti scolastici, dove bisogna invece bloccare la diffusione del virus, specialmente in considerazione del fatto che per i bambini e i ragazzi non esiste ancora un vaccino.
Sulla base di tutte queste considerazioni, sarebbe importante limitare l’utilizzo del vaccino di Oxford a contesti a basso rischio di contagio e valutare attentamente le tempistiche di somministrazione della seconda dose. E’ importante poi sottolineare che, se anche nel tempo dovessero emergere dati più solidi a sostegno della validità dell’intervallo di 12 settimane per AstraZeneca, questi dati non si potrebbero trasferire ad altri vaccini: i vaccini a mRNA agiscono in modo molto diverso sul sistema immunitario e gli studi clinici hanno evidenziato importanti differenze nella risposta indotta dai vaccini con adenovirus e quelli basati su mRNA.
Nonostante sia ovvio il bisogno di tornare rapidamente a una vita normale, l’approccio di vaccinazione di massa deve continuare a essere basato su dati solidi, lungimiranza e cautela. Non possiamo mettere a rischio la fiducia dei cittadini nei vaccini e nella scienza, così come non possiamo rischiare di sacrificare una vittoria a lungo termine contro il virus a causa della fretta e della necessità.
LA STAMPA
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