Covid, Brescia in zona arancione «rafforzata» dalle 18: scuole chiuse dagli asili nido all’università
In particolare partendo dai comuni al confine tra la provincia di Brescia e di Bergamo con presenza importante di focolaio di contagio legato alle varianti e situazione di tensione legata alla saturazione delle Terapie Intensive locali». «Da giovedì inizieremo a vaccinare i territori al confine delle province di Brescia e Bergamo e poi andremo verso Brescia» ha precisato Bertolaso. Il cambio in corsa nella geografia della somministrazione non andrà a interferire sulla campagna già avviata che coinvolge la popolazione anziana. A margine dell’intervento in Aula, infatti, l’assessore Moratti ha chiarito: «Attiviamo una nuova strategia di rimodulazione del programma di vaccinazioni mantenendo le vaccinazioni per gli over 80 e quelle per le categorie in fase 1 bis, utilizziamo però la strategia vaccinale come strumento di contenimento della diffusione, concentrandoci, nel limite delle indicazioni formulate dal Ministero, delle categorie che ci sono state indicate dal Parlamento, rimoduliamo la vaccinazione prevalentemente verso quelle fasce, quei Comuni, quelle province e distretti che sono più critici».
Bertolaso: «Differire la seconda dose per avere più vaccini»
La Regione ha anche sottoposto al Ministero della Salute la possibilità di rimodulare la campagna vaccinale per soggetti che sono stati positivi al Covid-19, «in modo da prevedere o la somministrazione di una sola dose o il posticipo di 6 mesi della sua somministrazione, ipotesi validata da dati di letteratura e esperienze in corso. Una risposta positiva ci consentirebbe di avere più dosi di vaccino, ora scarse» ha sottolineato Moratti. Una strategia che ha dato risultati positivi gia in Gran Bretagna e Israele. Secondo Bertolaso, «possiamo allungare il lasso di tempo tra la prima e la seconda dose, anche dopo i canonici 21-28 giorni per Pfizer e Moderna. Per Astrazeneca sappiamo che si può andare tranquillamente a 90-100 giorni tra la prima e la seconda dose». L’obiettivo «è arrivare a un livello tale di copertura vaccinale per ottenere la riduzione del danno, che possiamo ottenere andando a intervenire nelle zone a rischio e andando avanti con la somministrazione di una sola dose di vaccino, sapendo che ne abbiamo pochi. In questo modo raddoppiamo la disponibilità dei vaccini andando a immunizzare il più possibile i cittadini della Lombardia rispetto a quella che è la somministrazione prevista».
Ospedali saturi
Con più di 700 contagi al giorno nelle ultime 72 ore, Brescia è diventata un caso nazionale Complice la diffusione della variante inglese, la situazione è diventata complessa in tutti gli ospedali della provincia: sono quasi 800 i ricoverati Covid, con numeri in crescita dappertutto, dal Garda alla Franciacorta. Critica la situazione in Poliambulanza e Gruppo San Donato, strutture da dove è stato necessario trasferire pazienti sulle altre province, come Bergamo, Milano e Cremona. Quasi trecento i pazienti agli Spedali Civili di Brescia, che funziona anche da hub per la Terapia intensiva Covid. La Rianimazione di Brescia non si è mai svuotata, ma i casi gravi ora sono in crescita.
Pazienti raddoppiati
L’epicentro del contagio è in Franciacorta. In dieci giorni il numero dei pazienti Covid ricoverati nell’ospedale di Chiari è raddoppiato, passando da 50 ai 95 di oggi. «Tutti quelli che stiamo ricoverando sono in debito d’ossigeno: più del 30% ha la C-Pap». E l’età media si sta abbassando: «Sono più giovani dei pazienti curati a novembre. Parliamo di persone intorno ai 50 anni» spiega il direttore generale dell’Asst Franciacorta Mauro Borelli.
L’allarme dei medici
Mentre la politica cercava di capire che cosa fare, i medici hanno spinto subito per provvedimenti urgenti. Travolti da una nuova ondata di contagi che già ha saturato gli ospedali del territorio, in un comunicato dell’Ordine dei medici della provincia, chiedono che la politica si assuma la responsabilità di «assumere decisioni, anche impopolari, subito». Non si parla di colori o di lockdown ma molti medici — vista l’impennata di casi che ha ribaltato completamente in pochi giorni la situazione del contagio — sono convinti che solo restrizioni rigide come quelle della scorsa primavera possano tenere sotto controllo il virus detonato dalla variante inglese, identificata ormai in diversi punti della provincia.
Screening e tamponi
Da settimane i numeri confermavano che in provincia di Brescia si facevano ogni giorno almeno 3-4.000 tamponi, ossia il doppio di quelli impiegati sul territorio della provincia di Bergamo. «L’impatto della variante inglese sul Bresciano sta avendo effetti che non possiamo fingere di non vedere. Grazie alla capacità di screening messa in campo da Ats Brescia e dalle nostre Asst si è riusciti ad avere rapidamente conto dell’aggravarsi della situazione, peraltro — dichiara Simona Tironi, vicepresidente della Commissione regionale Sanità — confermata da quello che sta accadendo nei reparti ospedalieri». Inevitabile quindi arrivare alla zona arancione: «Con questo quadro, era necessario un intervento tempestivo».
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