Attanasio e Iacovacci, rientrate le salme: accolte da Draghi. I troppi dubbi sull’ok al convoglio

di Francesco Battistini

Attanasio e Iacovacci, rientrate le salme: accolte da Draghi. I troppi dubbi sull'ok al convoglio

La partenza da Goma

«Asse rosso, negativo». Tre parole in codice. Sono bastate: ad aprire la strada Rn2 al convoglio italiano che lunedì mattina andava a Rutshuru e a chiudere il destino dell’ambasciatore Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci e del loro autista, Mustafa Milambo Baguna. Nelle comunicazioni via radio di chi lavora in Congo, l’«asse rosso» è l’allerta. E vuol dire che su quella strada occorre una scorta armata, fornita dai caschi blu della missione Monusco o dall’esercito congolese. «Asse rosso, negativo», invece, è il messaggio che la sicurezza italiana riceve venerdì alle 10.30, appena atterra a Goma col jet 5y-Sim della Monusco. Ci sono 72 ore di tempo per verificare le condizioni delle strade con l’Undss, il dipartimento per la sicurezza dell’Onu che deve proteggere gli internazionali: il tempo che serve anche a preparare l’agguato, mentre Attanasio inizia il suo breve e ben visibile tour umanitario. «Asse rosso, negativo»: è su quel via libera, forse troppo superficiale, che adesso si concentrano le indagini dei Ros volati lunedì da Roma nel Nord Kivu.

«Strada pericolosa»

Chi l’ha pronunciato? E sulla base di quali certezze? A fornire spiegazioni è il World Food Programme dell’Onu che aveva organizzato la visita alla scuola di Rutshuru, garantendo la sicurezza del percorso. Nell’ospedale di Goma, i carabinieri ascoltano il racconto scioccato del vicedirettore locale del Wfp, Rocco Leone, che era sulle jeep ed è scampato all’attentato. «Di solito, chi va a Rutshuru è scortato dalla polizia», spiega un missionario. «Quella strada non è particolarmente pericolosa, da anni ci viaggiamo senza problemi», dice un volontario italiano che vive a Goma, Nicolò Carcano: «Ma Attanasio non era un semplice umanitario — aggiunge —, era un ambasciatore. E credo ci debba essere un trattamento diverso, per un ambasciatore».

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