Misure a confronto/Il governo del sociale con i criteri delle aziende
La prima reazione delle popolazioni colpite da guerre civili o dittature è, ove possibile, fuggire in altri Paesi più sicuri e con un tasso di democrazia accettabile provocando massicce migrazioni che inesorabilmente diventano il business dei mercanti di esseri umani e delle più feroci organizzazioni criminali. Risultato, troppi morti nei “viaggi della speranza”, spoliazione di capitale umano nei Paesi d’origine che quindi riprodurranno anche per le generazioni future miseria, ignoranza e povertà, oltre ad enormi problemi di integrazione ed economici per i Paesi di approdo.
Ora è evidente che, soprattutto in una situazione di precarietà come
quella attuale, compromessa dalla pandemia, anche un 2% di popolazione
in più crea problemi viste le scarse risorse e l’elevata disoccupazione.
Ben che vada i nuovi venuti finiscono facilmente nelle grinfie delle
associazioni criminali. Se invece l’Europa, ma anche gli Stati Uniti e
il Giappone applicando i criteri “Esg politici” decidessero di non
vendere più armamenti e rifornimenti a questi governi, sanzionando i
patrimoni personali di questi dittatori e facendo lo stesso con i paesi
antidemocratici che vivono e fanno business con queste dittature (si
veda l’emblematico caso della Somalia), le cose migliorerebbero molto e
forse quelle popolazioni, magari con l’aiuto delle Nazioni Unite,
resterebbero nei loro luoghi d’origine (si veda il caso della Siria).
E qui arriviamo al problema della disoccupazione indotta anche da una
eccessiva globalizzazione e delocalizzazione che mina la coesione
sociale e genera una enorme spesa assistenziale; e guarda caso i Paesi
con i quali si fanno più affari, attratti dall’illusorio vantaggio
economico (un profitto non Esg) sono quelli che generano migrazioni o
che, impedendole, rendono privi di diritti civili e sociali molte donne,
uomini e spesso anche bambini. Dove si trovano i prodotti tessili e di
abbigliamento al prezzo più basso? In Vietnam, Bangladesh, Birmania,
Thailandia, Etiopia, Cina e paesi dell’Est dove, come è noto, la
democrazia non è di casa. Tutti Paesi che producono a basso costo anche
grazie al fatto che non investono un solo euro nella preservazione
dell’ambiente ignorando completamente la tutela dei lavoratori.
Risultato: risparmieremo sugli acquisti, spendendo assai meno di quanto
si dovrebbe per manufatti prodotti in casa, e poi? Poi spendiamo pesanti
punti di Pil per la spesa assistenziale (114 miliardi nel 2019),
creando nei nostri settori di punta alti livelli di crisi e
disoccupazione. Non sarebbe meglio produrre da noi, agevolando le
operazioni di rientro di queste produzioni con vantaggi in termini di
occupazione e diminuzione della spesa per sussidi?
Tanto per capirci, tutti gli strumenti per la salute (prova pressione, febbre, saturimetri eccetera) ormai sono prodotti in Cina: ma è razionale tutto ciò? Inoltre, senza i nostri soldi i governi che hanno messo al bando il concetto di democrazia non avrebbero le risorse per pagare le “caste” che li sostengono e per fornire armi ai paesi che controllano, liberando così anche quelle popolazioni dal giogo delle dittature.
Applicando i criteri Esg a tutti i livelli della convivenza sociale e
dell’economia, otterremmo risultati di gran lunga superiori rispetto
alle sanzioni economiche, che ora comminiamo non sempre a proposito,
talvolta calpestando stoltamente la ragion politica.
*Presidente Itinerari Previdenziali
IL MESSAGGERO
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