Un cigno bianco insidia i mercati
Francesco Guerrera
Dopo tanti “cigni neri”, i mercati sono stati attaccati da un cigno bianco. Il cigno nero – secondo l’analisi di Nassim Nicholas Taleb nel libro omonimo – è il simbolo dell’improbabile, un evento inaspettato con conseguenze epocali, come le due guerre mondiali, la crisi finanziaria del 2008 o l’agghiacciante pandemia odierna. Ma negli ultimi giorni, gli investitori hanno dovuto fronteggiare un pericolo più prevedibile: il ritorno dell’inflazione. Dopo decenni di latitanza, lo spettro del caro-prezzi è tornato a tormentare operatori, governi e banchieri centrali. Se le condizioni attuali persistono, ci potremmo trovare di fronte a un svolta decisiva nel ciclo di mercati, aziende ed economie, un momento della verità per le politiche di stimolo somministrate dalle autorità monetarie sin dal 2008. Partiamo da ciò che è successo: un’impennata nei rendimenti delle obbligazioni governative.
Soprattutto, ma non solo, negli Usa. C’è chi parla di motivi “tecnici” ma un balzo di questo tipo non può essere causato solo dai capricci dei computer. La ragione di fondo per questi movimenti è la paura di una ripresa “troppo” veloce, alimentata dai vaccini, che creerebbe i presupposti per l’inflazione e per un aumento dei tassi d’interesse da parte delle banche centrali di mezzo mondo.
E’ un ragionamento contorto e non del tutto logico soprattutto perché l’inflazione rimane a livelli storicamente bassissimi in tutte le economie sviluppate. Ma quando i mercati sono di un umore così cattivo, non ci si può ragionare.
Chi ha buona memoria ha ricordato il “taper tantrum” del maggio del 2013 – la “scenata infantile” dei tassi delle obbligazioni quando Ben Bernanke, allora capo della Federal Reserve, annunciò che la Banca centrale americana avrebbe cominciato a ritirare (“taper”) lo stimolo ai mercati. In questo caso, però, nessuno dei banchieri centrali si è azzardato a parlare della fine dello stimolo. Anzi, Jerome Powell, che ora fa il lavoro di Bernanke, proprio questa settimana ha detto al Congresso che la Fed continuerà a pompare denaro a poco costo nell’economia americana.
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