Ma magari Sasso avesse letto (e studiato) Topolino!
Anche se, per fortuna, ci avevano già pensato Totò e Peppino a rovesciarlo in risata – come è possibile fare con tutta la paccottiglia mussoliniana, deo gratias – nel film di Corbucci del 1960, appunto, “Chi si ferma è perduto”.
In effetti, il legame di questo motto con Dante è in uno degli album più belli e divertenti di Topolino, che periodicamente ha sempre messo in scena i più grandi classici della letteratura, da Dante a Tasso a Cervantes (oltre all’ “Inferno di Topolino”, il “Paperin furioso”, la “Paperopoli liberata”, o “Paperino Don Chisciotte” per dire, sono capolavori, e per moltissimi sono stati il primo contatto coi classici).
La mia generazione, e non solo, ha un debito grandioso con Topolino: un modo di guardare, un modo di raccontare e le parole per farlo (vi ricordate quando zio Paperone continua a ripetere «me misero, me tapino»? E di Paperino «turlupinato» o ridotto a un «catorcio» vogliamo parlare? E di quando ci si «intabarra», o si «ciancia»?).
E no, non vale, esimio sottosegretario all’Istruzione (gulp!) Sasso, come ammenda «mi sono confuso, rileggerò tutto Dante».
Dante va benissimo, ma non dimentichi quella scuola di parola, di idee e di valori che è Topolino.
L’HUFFPOST
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