Quel che resta di un partito balcanizzato
Non fosse per altro che per un dato che nessun gioco e giochetto di palazzo può eliminare: l’esito drammatico al quale assistiamo in queste ore è l’epilogo di una crisi profonda del Partito democratico che sta innanzitutto nella certificata inconciliabilità delle sue anime originarie, quella comunista, massimalista, fintamente riformista e quella cattolico-democratica, comunque ancorata alla liberal-democrazia.
Una crisi radicale che nell’ultimo anno, come accade nelle stagioni di Basso Impero, ha visto all’opera registi esterni (i D’Alema, i Bersani) e guru interni senza ruoli formali (Bettini), tutti proiettati a sostenere quell’alleanza con i grillini e con Conte che ha ben poco di strategico e che appare invece come l’ennesima scorciatoia del governismo esasperato, malattia senile di un Pd senza più anima.
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