Il Papa in Iraq, l’ayatollah Al Sistani a Francesco: «Pace e sicurezza per i cristiani»
Una stanza spoglia, due
divanetti, un tavolino d’angolo con una scatola di fazzoletti, un
vecchio condizionatore sulla prete intonacata in bianco. E seduti, uno
di fronte all’altro, Papa Francesco e il grande ayatollah Sayyid Ali
Al-Husayni Al-Sistani, la figura più autorevole degli sciiti, due uomini
anziani in bianco e nero che si guardano negli occhi. Il senso del viaggio di Bergoglio in Iraq è tutto in questa immagine scattata stamattina nella moschea di Najaf,
il luogo dove è sepolto l’imam Ali, cugino e genero di Maometto, il
cuore dell’islam sciita, considerato più moderato rispetto a quello
iraniano.
Francesco
ha raggiunto Najaf prima di spostarsi a Nassiriya e quindi nella città
di Abramo, la piana di Ur dei caldei, per l’incontro interreligioso accanto alla grande ziggurat sumera.
L’incontro con Al-Sistani è durato tre quarti d’ora, un colloquio riservato durante il quale Francesco, fa sapere il Vaticano, «ha
ringraziato il grande ayatollah Al-Sistani perché, assieme alla
comunità sciita, di fronte alla violenza e alle grandi difficoltà degli
anni scorsi, ha levato la sua voce in difesa dei più deboli e
perseguitati, affermando la sacralità della vita umana e l’importanza
dell’unità del popocheno». Francesco «ha sottolineato l’importanza della
collaborazione e dell’amicizia fra le comunità religiose perché,
coltivando il rispetto reciproco e il dialogo, si possa contribuire al
bene dell’Iraq, della regione e dell’intera umanità». Nel congedarsi, il
Papa «ha ribadito la sua preghiera a Dio, Creatore di tutti, per un
futuro di pace e di fraternità per l’amata terra irachena, per il Medio
Oriente e per il mondo intero».
Anche da parte sciita si parla di un colloqui incentrato su «l’importanza della convivenza pacifica» e «le grandi sfide dell’umanità». Al Sistani ha sottolineato che
i cristiani, così come tutti i cittadini iracheni, devono poter vivere
in pace e in sicurezza e chiarito il ruolo che i grandi leader religiosi
e spirituali dovrebbero svolgere per mettere fine alle grandi
«tragedie» dell’umanità, ovvero «ingiustizia, oppressione,
povertà, persecuzione religiosa e ideologica e soppressione delle
libertà fondamentali e assenza di giustizia sociale».
Di certo si tratta di un’altra tappa fondamentale nella strategia del dialogo di Francesco, dopo la firma del «Documento sulla fratellanza umana» firmato il 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi con l’imam Al-Tayyib, grande Imam di al-Azhar e massima autorità dell’islam sunnita. Proprio venerdì, nel suo primo giorno di viaggio, Francesco ne aveva citato un passaggio a Baghdad: «Il nome di Dio non può essere usato per «giustificare atti di omicidio, di esilio, di terrorismo e di oppressione».
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