Contratti pubblici, patto con Draghi: nei rinnovi 107 euro in più a dipendente e smart working

L’aumento di 107 euro e lo smart working

Anche per questo il governo emanerà in tempi brevi gli atti di indirizzo all’Aran (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle Pubbliche amministrazioni) per il riavvio della stagione contrattuale:i rinnovi interessano 3,2 milioni di dipendenti pubblici per un aumento medio di circa 107 euro. Con l’importante novità che saltano i limiti indicati nel 2017 ai premi di produttività nella Pubblica amministrazione. Nei futuri contratti collettivi nazionali del pubblico impiego, inoltre, sarà definita una disciplina normativa ed economica del lavoro agile (smart working) che superi l’attuale assetto emergenziale garantendo condizioni di lavoro trasparenti e conciliando le esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori con quelle delle pubbliche amministrazioni. «Il confronto in sede Aran — si legge nel patto firmato tra le parti — sarà l’occasione per definire le linee di intervento sullo smart working perché si eviti una iper regolamentazione legislativa e vi sia più spazio per la contrattazione di adattare alle esigenze delle diverse funzioni queste nuove forme di lavoro che, laddove ben organizzate, hanno consentito la continuità di importanti servizi pubblici anche durante la fase pandemica».

Le nuove professionalità e competenze

Attraverso i contratti del 2019-2021 si provvederà alla successiva rivisitazione degli ordinamenti professionali del personale, adeguando la disciplina contrattuale ai fabbisogni di nuove professionalità e competenze. E saranno disegnate politiche formative di ampio respiro, con particolare riferimento alle competenze informatiche e digitali e a specifiche competenze avanzate di carattere professionale. Sarà infine valorizzato il ruolo della contrattazione integrativa e saranno implementati gli istituti di welfare contrattuale, anche con riferimento al sostegno alla genitorialità e all’estensione al pubblico impiego delle agevolazioni fiscali già riconosciute al settore privato per la previdenza complementare e i sistemi di premialità. Accordo siglato

L’investimento in formazione

C’è un altro aspetto su cui Draghi ha insistito molto: la formazione. «Oggi — ha sottolineato il premier — si spendono “ben” 48 euro a persona per la formazione del settore pubblico: ho detto “ben” ironicamente. E un solo giorno è destinato alla formazione del personale pubblico. In questa situazione dobbiamo considerare due eventi. Primo: la pandemia ci ha fatto riflettere su tanti aspetti del nostro modo di vivere, ma certamente ci ha rivelato la centralità del settore pubblico nel proteggere il nostro modo di vita. Nel proteggere la qualità della nostra vita. Il secondo è il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Questi eventi richiedono nuove professionalità, investimenti in formazione e nuove forme di lavoro. Se pensiamo allo sviluppo del lavoro in smart working, vediamo come è cambiato il nostro modo di lavorare; nuove professionalità richiedono investimenti e nuove regole. Questo è il percorso che stiamo iniziando oggi. Il patto è sicuramente un evento di grande importanza per il metodo, per il contenuto, per questa relazione di dialogo che c’è. Ma è, ricordiamocelo, il primo passo. Molto, se non quasi tutto, resta da fare. Ed è con l’augurio che sapremo tener fede al contenuto di questo piano, alle aspettative e alle promesse di questo piano, che vi ringrazio di nuovo tutti, per oggi. Grazie».

La soddisfazione dei sindacati e di Brunetta

Parole che ovviamente sono piaciute ai sindacati. «Non si tratta solo di concertazione su temi generali — ha sottolineato il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini — qui si contratta sulle cose concrete, specifiche. Dal punto di vista politico non ci sono dubbi: come ai tempi del governo Ciampi, giunge dal governo Draghi una esplicita volontà di dialogo con i sindacati». Considerazioni che fanno da eco a quelle del ministro per la Pubblica amministrazione Renato Brunetta: «La firma di oggi assegna alla coesione sociale non una semplice ripetizione retorica, ma un valore fondante di uno Stato che si rinnova, si modernizza sul valore della persona e della partecipazione. Puntare sulle persone al servizio dello Stato deve significare guardare avanti, insieme, più forti». Sulla stessa lunghezza d’onda anche il segretario generale Cisl Luigi Sbarra: «È un accordo che guarda al presente per vincere la sfida immediata della pandemia e della crisi occupazionale cogliendo appieno le difficoltà per rispondere immediatamente ai bisogni della società. E guarda anche al futuro perché punta su un rinnovato ruolo della Pa come motore propulsivo del rinnovamento e l’innovazione del Paese». «In uno stato democratico — ha aggiunto il segretario generale della Uil Pierpaolo Bombardieri — la Pa garantisce ogni giorno i servizi essenziali: ecco perché rafforzare i servizi pubblici significa garantire pari opportunità e pari diritti».

Il precedente di Ciampi

Il riferimento alla pace sociale di Ciampi riporta al 23 luglio del 1993, quando l’allora presidente del Consiglio Carlo Azeglio Ciampi e il ministro del Lavoro, Gino Giugni, siglarono il «Protocollo per la politica dei redditi e dell’occupazione, sugli assetti contrattuali, sulle politiche del lavoro e sul sostegno al sistema produttivo», un accordo storico con i sindacati e le associazioni imprenditoriali — tanto da essere definito il modello a due livelli, nazionale e integrativo, aziendale o territoriale — che pose fine a due anni di aspri conflitti sancendo il criterio della concertazione delle parti sociali e fissando le regole della contrattazione. Quell’insieme di norme avviò la stagione della politica dei redditi, stabilendo la coerenza dei comportamenti contrattuali con il rispetto dei diritti collettivi e degli obiettivi macroeconomici di riduzione rapida del debito e dell’inflazione, in linea con i parametri del Trattato di Maastricht. L’accordo, rispettato con lealtà, consentì all’economia di tornare a crescere. L’auspicio è che possa avvenire anche oggi.

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