Quella cena “muta”. Il giallo del trojan che spiava Palamara
Se fosse vero, e se davvero l’intercettazione fosse stata tenuta nascosta, l’intera inchiesta andrebbe riscritta. Ieri Raffaele Cantone, procuratore di Perugia, emette un comunicato per accusare i consulenti di Cosimo Ferri di avere preso lucciole per lanterne in base a una «interpretazione non corretta di alcune evidenze tecniche». Per Cantone «il trojan non ha registrato l’incontro perché non era programmato per l’orario in quella registrazione».
La difesa di Ferri è convinta della buona fede di Cantone e dei suoi pm: ma non demorde, convinta che la stessa Procura perugina possa essere stata vittima di manovre per deviare il corso dell’inchiesta. E recupera i tabulati della Rcs scoprendo che nella serata del 9 maggio, quando secondo Cantone il trojan non era programmato per funzionare, in realtà registra in continuazione. L’ultimo progressivo, il numero 92, è delle 22,53, quando ormai Palamara e Pignatone erano all’ammazzacaffè.
(Coincidenze: alla cena da Mamma Angiolina c’è anche un altro magistrato, il giudice Paola Roja. Tre sere fa, la cassaforte di casa della Roja viene svuotata)
IL GIORNALE
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