Il premier parla, il virus colpisce
Al di là del self-control ostentato da Draghi, questo è il terribile interrogativo che circolava ieri tra le facce attonite dei ministri durante la seduta del consiglio che ha varato il nuovo decreto. Perché se il premier ha dimostrato subito di avere uno standing d’eccezione in Europa e di potere imporre la sua linea, com’è accaduto con il sequestro delle dosi di AstraZeneca, nessuno nel governo, neppure lui, è in grado di fare previsioni attendibili sulla curva dei contagi in salita e sul numero delle vaccinazioni che dovrebbe inseguirla, e a un certo punto bloccarla.
Il quadro è questo. Drammatico, non ci sono altre parole per definirlo. Il premier lo illustra nei dettagli, per spingerci a tenere i nervi saldi, imitando, fin dov’è possibile, il suo atteggiamento razionale. Per questo, non tenta inutilmente di addolcirne i termini angosciosi, ma allo stesso tempo conferma che esiste un piano per limitarne anche la peggiore evoluzione. Draghi chiede una prova di fiducia. Ma è inutile nasconderlo: non è facile.
Ci eravamo illusi. Credevamo che la ventata di serietà portata dalla nascita del nuovo governo, dopo la lunga paralisi di quello precedente, sarebbe bastata a dare immediatamente un impulso al cambiamento. Non potevamo immaginare l’ulteriore aggravamento della pandemia, l’evidente insufficienza dell’attrezzatura sanitaria nazionale, che rischia di essere travolta, Dio non voglia, da un accanimento della terza ondata e dal moltiplicarsi di varianti del virus sempre più insidiose e contagiose. Speravamo insomma di vedere la fine del tunnel. Purtroppo è ancora buio fitto.
LA STAMPA
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