L’intesa con Guerini e Marcucci, ex renziani nella cabina di regia

Carlo Bertini

«Enrico,la prima cosa è caratterizzare l’azione del Pd, assumendo come nostra l’agenda Draghi». È la telefonata più delicata per Enrico Letta quella con Lorenzo Guerini, che guida la corrente Base Riformista. L’ex premier si premura di chiamare, per la seconda volta in 24 ore e prima di scendere in campo, il ministro della Difesa. Che era vicesegretario di Matteo Renzi nel 2014 quando Letta fu sfiduciato dalla Direzione dem. Più che i personalismi però poté la politica, e quindi grazie alla comune matrice di ex Dc, di cattolici democratici, il dialogo tra Enrico Letta e quelli che militavano con il suo rivale fiorentino comincia bene. Almeno formalmente. Con Guerini, che nel pomeriggio proporrà ai parlamentari della corrente di schierarsi con Letta segretario, il chiarimento è immediato: intanto sull’agenda Draghi da cavalcare, perché «Europa, atlantismo, crescita, riforme, lavoro, equità, sono parole del Pd». Poi c’è il tema alleanze, che andrebbe declinato come uno strumento e non come un fine. Tradotto, il Pd deve avere l’ambizione di guidarla l’alleanza e non di farla guidare da altri. E non a caso la nota ufficiale della corrente ricorda quando Letta a febbraio disse «prima viene una riflessione approfondita sulle proprie idee e sugli obiettivi, poi le alleanze scaturiscono naturalmente». Insomma, Base riformista ritiene che dopo quanto successo negli ultimi due anni un congresso delle idee (non le primarie) andrebbe celebrato, come richiesto anche da Orlando, Cuperlo, Bettini, Delrio. «Sta a Letta decidere come farlo», dice Guerini in assemblea. «Ascolteremo cosa dirà e che lavoro si intende fare con i circoli».

E se per una questione di opportunità la minoranza non chiede la vicesegreteria, né pone il tema della gestione collegiale, è lo stesso Letta a fornire le prime garanzie. Lo fa con Andrea Marcucci, altro snodo delicato, perché il capogruppo al Senato ha un ruolo centrale ed ebbe a polemizzare con Letta ai tempi della Margherita toscana: ma stavolta tifa per il neo segretario. «Con Letta siamo più credibili, c’è un cambio di passo e viene meno lo schiacciamento a sinistra del partito. Ora bisogna dare una dimostrazione di unità», dice Marcucci, collegato su Zoom insieme a Guerini, Lotti e gli altri ex renziani. In privato, Letta gli chiede di esprimere il suo punto di vista sulle dimissioni di Zingaretti; gli annuncia che vuole costituire una segretaria unitaria e integrarsi di più con i gruppi parlamentari. Tocco di diplomazia completato dal riconoscimento a Marcucci di aver «salvato» il gruppo del Senato restando nel Pd, altrimenti sarebbe stato svuotato da Renzi con Iv. Formalmente Letta si mostra molto collaborativo, per nulla animato da spirito di recriminazione o vendetta. E nelle impressioni di chi lo ascolta, forte della circostanza di parlare la stessa lingua che si usa a palazzo Chigi poiché, con Draghi, l’ambito culturale è assai affine.

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