Astrazeneca racconta la democrazia (e Sputnik l’autoritarismo)
Pertanto c’è chi, in numero già più consistente, invoca lo Sputnik, che è invece il prodotto e forse la metafora della democrazia autoritaria, poiché se ne parla come di un vaccino eccellente, senza effetti indesiderati, è una panacea, è la perfezione, e sono ironico non per dire che non sia un buon vaccino, ma per dire che la democrazia autoritaria non ammette il dubbio, non ammette il rischio, non ammette l’obiezione, non ammette la dissidenza: è così e basta (se è un buon vaccino lo stabiliranno gli enti preposti, quando sarà loro recapitata la documentazione necessaria, e l’avranno compulsata).
Nel suo ultimo libro, Anne Applebaum (Il tramonto della democrazia, Mondadori) spiega la differenza fra le dittature novecentesche e le democrazie autoritarie o illiberali del Terzo millennio: le prime diffondevano grandi bugie, l’uomo nuovo attraverso la dittatura del proletariato o la superiorità della razza ariana; le seconde diffondono bugie medie, sull’irrimediabile inadeguatezza delle democrazie liberali, per esempio nel fronteggiare la pandemia (l’Europa è in ritardo coi vaccini, ma non più in ritardo della Russia, mentre Stati Uniti e Gran Bretagna e Israele sono molto avanti).
Adesso in Italia stiamo raggiungendo un assetto politico più che decente, abbiamo un presidente del Consiglio di raro prestigio, alla guida del Pd sale un uomo non di vacui effetti speciali e di solida cultura, la Lega si riconverte faticosamente al rispetto delle istituzioni, anche europee, e forse lo fa con una quota di pretestuosità, ma si riconverte, il Movimento cinque stelle, a parte lo sdilinquirsi filo cinese del blog di Beppe Grillo, è la solita barchetta in favore di vento, ma stavolta è vento buono. Tutto bene, si direbbe. O almeno benino. Ma il paese continua a essere quello che è, pervaso da un populismo fosforescente solo trattenuto, la questione del vaccino lo dimostra ma, e mi spiace dirlo, l’immagine del presidente della Repubblica in una sala d’aspetto dello Spallanzani, prima e dopo la vaccinazione, in mezzo a tutti come tutti, e dunque esaltato come un presidente uguale a tutti gli altri, è la precisa esaltazione del populismo. Sergio Mattarella non è come tutti gli altri, lo sarà fra un anno quando scadrà il suo mandato, ora è il presidente di tutti gli altri, è il garante della Costituzione, è al di sopra di tutti, e per il bene supremo di tutti, per la tenuta della Repubblica, andava trattato di conseguenza: bisognava vaccinarlo prima di tutti e magari al Quirinale.
Prevale, verso Mattarella, la gratitudine per avere proposto Draghi. Ha restituito – con il voto parlamentare, cioè popolare – una credibilità allo Stato. Ma siamo circondati, dalla dittatura cinese, dall’autoritarismo russo, dalle teocrazie islamiche, dagli illiberali dell’est europeo così ben tollerati dall’Europa, dalle diffidenze antidemocratiche interne, prontissime a ri-scatenarsi alla prossima occasione. Abbassare la guardia sarebbe molto pericoloso.
L’HUFFPOST
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