Ora Enrico sta sereno

federico geremicca

Si sostiene spesso, e talvolta a ragione, che alcune cose si intendono meglio – si vedono con più chiarezza, insomma – da lontano piuttosto che da vicino. Potrebbe essere quanto accaduto ad Enrico Letta, la cui rentrée italiana – dopo gli anni del proficuo esilio parigino, diciamo così – riserva qualche nettezza ( “radicalismo”, preferirebbe il neosegretario) forse frutto, appunto, di tale distanza. Su due questioni, infatti – una necessità e un rischio – ha mostrato una ruviditá (oltremodo necessaria) non facile da maturare nel clima avvelenato di guerra tra le correnti che da tempo paralizza il Pd.

La necessità è quella di far chiarezza sul governo Draghi, interrompendo l’inutile disputa – protagonisti i Cinquestelle, ma non estranei pezzi del Pd – sulla continuità o la discontinuità di questo esecutivo rispetto al precedente, se insomma Draghi è meglio di Conte, oppure no. «Siamo il motore del governo Draghi… Il governo di Mario Draghi è il nostro governo» , ha detto il neosegretario: e l’auspicio è che la questione sia finalmente e definitivamente chiusa qui.

Il rischio, invece, è stato riassunto in una battuta strepitosa, con il chiaro obiettivo di non offendere nessuno e rendere la questione più nobile di quel che in realtà è. «Noi non dobbiamo essere quelli della protezione civile… che devono per forza intervenire, andare al governo, se no l’Italia sbanda… Noi non dobbiamo essere il partito del potere, altrimenti moriamo: si va al governo se si vincono le elezioni» . Anche qui: coraggio e chiarezza. Ancor più rilevanti perché maturate dal primo premier di centrosinistra ad aver governato con ministri del centrodestra. «Non ho lasciato la mia vita precedente per guidarvi a una sconfitta», ha concluso nel tentativo di scuotere un partito il cui “non detto” – ha annotato – è che quando si andrà al voto «la vittoria sarà del centrodestra». Tutt’intorno a questi due concetti – una necessità e un rischio, come dicevamo – Enrico Letta ha costruito un intervento e sintetizzato un programma di lavoro non distanti da quel che era possibile ipotizzare e giusto fare. Obiettivo numero uno: ridare un profilo chiaro (un’anima, oggi si usa dire) ad un partito dalla missione sempre più vaga. E dunque i giovani: «Saranno il centro della mia azione» . Le donne: «Lo stesso fatto che sia qui io e non una segreteria donna, dimostra che abbiamo un problema» . E poi il lavoro ed i diritti: «Sarebbe una cosa buona se lo jus soli diventasse una norma varata da questo governo» .

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