Salvati: “Sul Pd un cigno nero, una catastrofe che può avere effetti benefici”
Professor Michele Salvati (il primo a teorizzare la nascita del Partito democratico e che al Pd ha dedicato due libri), nell’arco di qualche settimana il Pd si è avvitato in una crisi di strategia e di identità. Le radici sono profonde, ma il detonatore è stato Renzi o Draghi?
L’intera vicenda è un cigno nero: uno di quegli eventi catastrofici, non necessariamente negativi, che cambiano totalmente e radicalmente il quadro, qui politico anziché economico o fisico. Non sarà mai sottolineato abbastanza il comportamento straordinario ed esemplare dal punto di vista costituzionale e politico di Sergio Mattarella. Il presidente della Repubblica ha fatto “rinsavire” – e uso le virgolette perché non so se durerà – gli interlocutori politici. Poi, il detonatore naturale è stato l’iniziativa di Renzi. Se aveva previsto questi esiti, allora chapeau.
Addirittura, chapeau a Renzi per aver fatto saltare governo e segretario Dem?
I tre partiti maggiori sono stati costretti a cambiare le loro posizioni in altre più sostenibili per il Paese. I Cinquestelle sono diventati meno populisti, hanno la chance di trasformarsi in un partito di sinistra guidato da Conte, mentre la Lega si è ritrovata europeista. Entrambi sono rientrati nel sistema. Il Pd, che nel sistema c’era già, ha avuto l’occasione di liberarsi della cappa di dover difendere il governo a tutti i costi. Il Pd può ragionevolmente dire: prima non potevamo fare altrimenti per salvare l’Italia dai sovranisti. Insomma, si è tolto un fardello.
Ma il Pd può ancora trovare la sua ’”anima”? O, come sostengono alcuni, meglio per le due culture di base – post Dc e post Pci – salutarsi senza (ulteriore) rancore?
Spero che non accada questo secondo scenario, e poi non è questione soltanto di ex-Dc ed ex-Pci. Le differenze ci saranno sempre in un partito che discute, ma l’importante è che avvenga nel rispetto di una cornice liberal-democratica e all’interno di un perimetro circoscritto sulla base della situazione globale, europea e italiana. Siamo un Paese fragile dal punto di vista istituzionale ed economico prima che politico. E se si percepiscono queste difficoltà non esistono alternative al Pd. Per questo nutro un minimo di ottimismo sul suo futuro.
Il Pd attuale sembra paralizzato dalle correnti. Esiste la bacchetta magica per liberarsene?
Le correnti non sono un male, lo è il loro congelamento o la loro esasperazione. Mi auguro che quando si farà il congresso – più avanti perché adesso non ce ne sono le condizioni – si svolga intorno a una piattaforma programmatica i cui fondamenti sono accettati da tutti, beh, da quasi tutti. Ho letto oggi un appello di alcuni seri studiosi meridionali che nel Recovery Plan non vedono sufficiente attenzione al Mezzogiorno. Ecco: il confronto tra nordisti e sudisti è vero e serio. Ben vengano queste differenze.
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