Salvati: “Sul Pd un cigno nero, una catastrofe che può avere effetti benefici”

Enrico Letta aveva premesso di non volere l’unanimità nell’assemblea che l’ha eletto, e invece l’ha avuta. Arturo Parisi mette in guardia contro l’unanimismo, male profondo del Pd, dai tempi dei 101 contro Prodi. Ci risiamo, secondo lei?

Dato il cigno nero, e di conseguenza il timore per la dissoluzione del partito, era un esito prevedibile. Spero che quando sarà passata l’emergenza e saremo entrati nei binari più normali – ovvero dopo l’elezione del nuovo presidente della Repubblica che sarà il garante della nuova fase – prevarranno le differenze su base reale. E sono certo che sarà così, e che i sognatori e i nostalgici del passato saranno ridotti a minoranza. Certo, a meno che la situazione sociale non degeneri in sconquassi al momento non prevedibili.

L’arrivo di Letta alla guida del Pd riuscirà a “stabilizzare” il governo, spingendo verso sinistra e riducendo lo spazio occupato dalla Lega di Matteo Salvini?

Per il Pd, tolte di mezzo alcune esagerazioni sull’alleanza strutturale con M5S – che ricordano un poco quelle sulla Lega come costola della sinistra – si tratta di darsi un’immagine di sinistra “normale” che lo renda competitivo con il partito di Salvini. Draghi ha un compito difficile, ma sa che i vincoli di spesa e di bilancio del passato per quest’anno sono molto allentati. Oggi si guarda al bisogno, ed è più che comprensibile. Ma a un certo punto torneranno e bisognerà scegliere quali attività sostenere e quali persone proteggere e come. Ecco perché credo che i problemi maggiori li avrà non questo bensì il prossimo governo.

Letta ha già messo in campo le prime proposte – ius soli, voto ai sedicenni, riforme istituzionali – e la Lega è insorta. E’ una nuova agenda di governo o un modo per segnare il territorio?

Dubito fortemente che Draghi varerà qualcuna di queste riforme. Sono troppo divisive. E’ l’idea di Paese che il Pd ha in mente per il futuro. Letta ha voluto cambiare musica, anche considerando che tra pochi mesi ci saranno le comunali. Ha fatto capire che se gli elettori non li sosterranno prevarrà l’idea della destra. Che comunque ha le sue difficoltà: ho sentito il ministro Brunetta dire cose ragionevoli sulla pubblica amministrazione, aspetto di capire se i sindacati lo lasceranno fare.

Il neo-segretario ha promesso che dialogherà con tutti, compreso Renzi. Lei ci crede?

Per molti Renzi si è politicamente suicidato, e questo come conseguenza del cigno nero che ha evocato. Alla fine dunque ha vinto Letta (…Matteo, stai sereno!), e la sua vittoria è dovuta proprio a Renzi. Staremo a vedere. Ma soprattutto Letta è allievo di Nino Andreatta, che del Pd aveva un’idea che ho da subito condiviso: la sua scomparsa ha ritardato molto la nascita del Partito Democratico. E i buoni maestri contano.

L’unica riforma condivisa potrebbe essere la legge elettorale. Torneremo al maggioritario?

Temo che anche la legge elettorale sia troppo divisiva e che finiremo per votare con il sistema che c’è adesso. A Draghi conviene limitarsi ad agire sul Recovery Plan, sui ristori o sostegni, e sui vaccini. Se farà bene queste tre cose avrà assolto pienamente il suo compito. E la parola tornerà ai partiti. Non credo nel 2023: penso che una volta scelto il nuovo capo dello Stato si andrà alle urne.

L’HUFFPOST

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