Solo superando le trappole otterremo l’immunità
di Paolo Giordano
Ancora una volta dall’inizio della pandemia stiamo per cadere nella trappola della polarizzazione. Come sempre la posta in gioco è molto alta, in questo caso si tratta del buon esito della campagna vaccinale. Negli ultimi giorni, sui social ma non solo, è facile imbattersi in posizioni estreme: accanto ai soliti anatemi no-vax, è comparsa una nuova forma di irragionevolezza, quella di chi si dichiara così esasperato dalla situazione e così ciecamente fiducioso «nella scienza» da supplicare che gli venga iniettata qualsiasi cosa, russa cinese cubana non importa, approvata dagli enti regolatori o meno.
Non voglio mettere i due estremismi sullo stesso piano (sebbene si tratti di posizioni dal simile stampo fideistico). Ma è doveroso chiedersi se il fanatismo vaccinale sia davvero la strategia più conveniente per tutti in questo momento, tenendo conto che lo scopo ultimo è chiaro: fare in modo che il maggior numero possibile di persone sia disposto a vaccinarsi al più presto. Nel tempo sono stati tentati diversi approcci per vincere le resistenze verso i vaccini: dalla spiegazione spassionata e razionale all’esaltazione enfatica di quanto nel secolo scorso abbiano allungato la nostra aspettativa di vita, dalla persuasione dolce tramite testimonial illustri con la spalla scoperta, fino alla coercizione senza se e senza ma. Ciò che va rimesso in discussione prima di individuare la via migliore, forse, è il punto di partenza.
La sospensione precauzionale delle somministrazioni di AstraZeneca ha avuto almeno il merito di squadernare quanto ampio e variegato sia il panorama fra gli estremi. L’atteggiamento verso i vaccini è, come quasi tutto nella psiche umana, non-binario. È uno spettro continuo, che va dall’estremità infrarossa del fanatismo vaccinale a quella ultravioletta dei no-vax, e in mezzo al quale si trova un po’ di tutto. Paure, inquietudini, calcolo smaliziato, confusione (moltissima adesso), dubbi. La mia impressione è che solo trattando lo spettro nella sua interezza, nella sua complessità, abbiamo una possibilità di uscirne vittoriosi.
E forse conviene, per prima cosa, togliere i no-vax duri e puri, l’estremità ultravioletta, dal quadro. In certi casi non c’è molto da fare, se non evitare la pubblicità. La persuasione porterebbe a risultati minimi e comunque non ne abbiamo il tempo. Si tende a liquidare i no-vax come ignoranti, oscurantisti, antiscientifici, ma la trasversalità culturale del pensiero no-vax nega questa stigmatizzazione.
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