Un trauma salutare per un cambiamento vero

di   Massimo Franco

Non si può dire che sia stato un esordio timido. La prima conferenza stampa di Mario Draghi, dopo settimane di silenzio apprezzato o criticato, ha mostrato un presidente del Consiglio sicuro, rassicurante e a tratti ironico. Molto più a suo agio di fronte alle domande, a tutte le domande, di quanto si potesse immaginare. Pronto a vaccinarsi con AstraZeneca, dopo che lo ha già fatto il figlio a Londra. Consapevole delle difficoltà e della parzialità nella distribuzione degli aiuti. E molto sintetico. Anche se le oltre tre ore di ritardo con le quali si è presentato hanno rischiato di proiettare sul suo esordio le ombre del passato: quelle di una coalizione litigiosa e patologicamente protesa a frenare l’azione del governo.

Il rinvio ripetuto dell’orario è dipeso da una lunga trattativa, soprattutto con la Lega, che voleva sottolineare la sua insistenza sul condono fiscale: un’impuntatura che alla fine si è rivelata un modo per marcare un fazzoletto di territorio elettorale; ma ha fatto pensare anche ad una certa incomprensione della fase nuova apertasi nel Paese. Nel lungo negoziato che ha preceduto la riunione del Consiglio dei ministri qualcuno ha visto la volontà dei partiti di non apparire irrilevanti. Da giorni, il mantra dello scontento contro Palazzo Chigi e alcuni ministri di Draghi è che farebbero tutto da soli.

Se era davvero questo l’obiettivo, in apparenza può avere avuto successo. Ma solo in apparenza. In realtà ha mostrato quanto sia miope la voglia di alcune forze di riproporre dinamiche che hanno umiliato la politica, invece di cogliere le opportunità di una stagione nuova: un’occasione per ricostruirsi e rilegittimarsi. Il premier ha liquidato le rivendicazioni della Lega concedendo la mole di «annunci passati» e di «bandiere identitarie» che «tutti i partiti» si portano dietro. Il problema, ha aggiunto, è chiedersi quali siano di buonsenso e quali dannosi. Insomma, li ha trattati come riflessi automatici di un’epoca finita, e che tuttavia tende a riaffiorare in alcuni comportamenti.

La conferenza stampa poteva finire per accreditare l’idea di continuità con un passato caotico. Le liti tra alleati prima del Consiglio dei ministri; il rinvio dell’inizio dell’incontro; le voci di un negoziato teso e forse inconcludente; e il primo impatto con i giornalisti. Ma questa immagine distorta è stata corretta in un’ora di risposte su tutto, dalle vaccinazioni al Quirinale, ai rapporti con le Regioni e con la Commissione europea. Risposte rapide, nette, a domande tutt’altro che addomesticate. E in qualche caso, repliche volutamente ipersintetiche: come quando è stato chiesto a Draghi se voglia succedere a Sergio Mattarella come capo dello Stato e quanto durerà il suo governo. Dipende dal Parlamento, si è limitato a dire.

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