Banche, aziende, politiche del lavoro. Tutte le partite aperte del governo
di Federico Fubini+
Molto si può dire di Mario Draghi ma non che non sia consapevole di ogni sua parola. Parla di rado in pubblico, il premier, esattamente per questo: vuole che ciascuna frase pesi. Deve averci pensato venerdì quando ha indicato il suo approccio alla recessione. «In questo anno è necessario accompagnare le imprese e i lavoratori di uscita dalla pandemia. Questo è un anno in cui non si chiedono soldi, si danno. È la politica economica da fare oggi. E basta», ha detto.
Appare impossibile oggi accelerare su riforme destinate a dividere la società e i partiti. Non mentre continuano le morti per Covid-19 e in Italia (come in tutta l’Unione europea) si procede a 0,25 vaccini ogni cento abitanti al giorno, mentre la Gran Bretagna viaggia tre volte più in fretta e il Cile sei volte di più. Mario Draghi sa che il momento di affrontare i mali cronici che frenano l’economia italiana verrà, ma non è adesso. Sa anche che molti invece se lo aspettano – specie fuori dall’Italia – e forse è per questo che venerdì ha detto: «Mi auguro che le future delusioni non siano uguali all’entusiasmo di oggi».
D’altra parte il premier ha scelto. La priorità va ai vaccini, con colloqui in questi giorni anche fra lui e il presidente americano Joe Biden per accelerare le forniture. Va alla protezione economica delle imprese e delle persone fino a dopo l’estate, con un altro stanziamento di entità paragonabile a quello da 32 miliardi appena definito. E va al Recovery – sulla base di un decreto nelle prossime settimane che ne fissi i criteri e i poteri di gestione affidati al ministero dell’Economia – perché possa essere approvato a Bruxelles a giugno. Le scadenze
Pages: 1 2