Vaccini Covid agli over 80: solo il 15% ha ricevuto le due dosi
di Margherita De Bac e Lorenzo Salvia
Il segreto è, in parte, nell’accoglienza. All’istituto Spallanzani di Roma, maggiore riferimento per le malattie in città e a livello nazionale, anziani e fragili sono coccolati. Fiori e panchine lungo il percorso che conduce al padiglione della Primula, simbolo della campagna anti Covid, all’interno musica, riscaldamento, personale selezionato e gentile, non c’è attesa. «Domani inauguriamo il percorso per i non vedenti — racconta Francesco Vaia, direttore sanitario —. Una volta arrivati al cancello d’ingresso, vengono accompagnati da un addetto alla sicurezza fino alla postazione medica e qui presi in carico da personale dedicato. Il passaparola ha fatto il resto. C’è grande richiesta». Secondo la tabella aggiornata ogni giorno dalla Fondazione Gimbe, il Lazio è al quarto posto in Italia per percentuale di over 80 che hanno completato il ciclo con il richiamo(22,8%), quindi che sono immunizzati del tutto. Un altro 27,6% ha ricevuto la prima dose di Pfizer-Biontech e Moderna, i due preparati indicati per le categorie dei fragili. L’assessore alla Salute Alessio D’Amato vede vicina la meta: 290.000 anziani hanno fatto la profilassi con almeno una dose oltre quelli ricoverati nelle Residenze sanitarie assistenziali (Rsa) e raggiunti a casa.
Solo la metà
La media nazionale però è insoddisfacente. Appena il 14,7% degli ultra 80enni è immunizzato al completo, il 28,2% si trova a metà del percorso, col primo inoculo. In pratica meno della metà della popolazione più in avanti con gli anni, a più alto rischio di ricovero e di morte (4.442.000) ha avuto l’iniezione. Quasi ultimata invece la fase nelle Rsa dove moltissimi sono stati protetti: l’89,1% degli ospiti (507.912). La differenza tra Regioni è abissale, a prescindere dalla posizione geografica nord-sud. Secondo il piano originale presentato in Parlamento dal ministro Speranza il 2 dicembre e poi aggiornato sulla base delle pessime notizie di mancata consegna dei vaccini, gli anziani avrebbero dovuto essere messi al riparo dal Sars-CoV-2 entro febbraio, scadenza poi slittata a fine marzo per le note difficoltà di approvvigionamento di materia prima. Ora il traguardo scivola a fine aprile, o addirittura a maggio quando sarà scattata la campagna di massa. Il beneficio a livello di riduzione di mortalità nella categoria anziani è fermo su piccoli numeri e comunque non è stato rilevato.
Gli imbucati
Ma c’è soltanto questo, il taglio degli ordinativi, dietro il fenomeno della lentezza con cui la fascia più debole della popolazione sta ancora aspettando la «fialetta»? Non ne è convinto Nino Cartabellotta, fondatore di Gimbe: «Purtroppo all’inizio della campagna vaccinale, che indicava come priorità 1.404.000 operatori sanitari e sociosanitari, parte delle dosi allora disponibili sono finite a persone che non ne avevano diritto. Mi riferisco a dipendenti amministrativi che non avevano contatto né con malati né col pubblico e che quindi anche per l’età non avrebbero dovuto avere la precedenza. Possiamo calcolare che gli imbucati siano stati il 16%. Non dico che sia stata un’operazione in malafede. Eravamo in una fase in cui le aziende farmaceutiche non avevano comunicato i tagli e non si prevedeva ci sarebbero state difficoltà di scorte. Sembrava che ci fosse disponibilità».
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