Selvaggia Lucarelli: «I 4 anni di amore tossico che mi hanno tolto la dignità. Sono guarita e ora ne parlo»
Leon, piccolissimo, l’ha vissuta con lei. La sua mano che stringe Godzilla è uno dei rari sprazzi luminosi di quegli anni neri.
«Il
mio rimpianto più grande è di avere perso con mio figlio almeno tre
anni, perché forse l’ultimo è stato un po’ più di guarigione. Mi sono
persa tre anni di maternità felice. Non che non abbia dato priorità a
mio figlio: non ho mai pensato di lasciarlo al padre e di non
prendermene cura. Ma non ho dato priorità alla sua felicità. Quando sei
vittima di una dipendenza la priorità è avere la dose».
Ne avete più riparlato?
«Quando
sono guarita ho cercato spasmodicamente di recuperare e ne ho fatto
quasi il mio fidanzato, forse eccedendo nel senso opposto. Dopo abbiamo
fatto tante cose belle insieme. E l’ho portato in Giappone a vedere dove
è nato Godzilla, come mi aveva chiesto. Era molto piccolo e buona parte
di quel passaggio della nostra vita l’ha dimenticato. Si ricorda alcuni
episodi e il senso di infelicità. Però vuole sentire il podcast».
E il suo compagno, Lorenzo Biagiarelli, lo ha ascoltato?
«Sì, era molto scosso. Dopo averlo sentito ha pianto».
Non gli aveva raccontato nulla?
«Sì,
stiamo insieme da quasi sei anni. Ma non avevo voluto investirlo con
questa cosa: sei guarito quando non hai più bisogno di parlarne».
Le amiche sono impotenti.
«In
queste vicende purtroppo hanno un ruolo disperato. Ti vedono governata
da una cosa su cui non hai alcun controllo e non possono fare niente.
Diventi inaffidabile, non fai nulla per salvarti e loro si stancano di
soccorrerti perché capiscono che se non ti salvi da sola non ti salverà
nessuno».
Nella sua storia non c’è vittimismo. Lei
racconta di averla superata quando ha accettato il male che si è fatta e
che si è lasciata fare.
«Ho avuto la mia parte di
responsabilità, lui si è infilato in una serie di mie pieghe e lati
irrisolti. È stato un incontro sfortunato e io ho amplificato in questa
relazione tutte le mie problematiche».
Si è fatta aiutare da uno psicologo?
«Ho
fatto molta psicoanalisi fai-da-te. Oggi non dico “meno male che è
accaduto” perché il prezzo è stato altissimo. Ma se non avessi avuto uno
choc emotivo così violento non avrei potuto vedere i miei limiti nella
sfera sentimentale e non li avrei potuti risolvere».
Cosa consiglia a una donna che si riconoscerà nella sua testimonianza?
«Al contrario mio, di farsi aiutare. E non dall’amica che ti sgrida, ma da psicologhe che curano le dipendenze affettive».
Ha pensato che l’uomo di cui parla potrà ascoltare il podcast?
«Sì. Magari riterrà che sia la mia versione dei fatti. E forse lo è. Di queste storie non parla nessuno perché non sono drammatiche come i femminicidi. Ma sono pericolose. E bisogna salvarsi».
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