Gualtieri: “Bene i Sostegni e l’azione sulla povertà, ora la Lega smetta di fare propaganda”

L’agenda porta il decreto Sostegni. Ha avuto un senso di dejà Vu?

«Il decreto è positivo. Il fatto che sia in continuità con la linea giusta da noi perseguita durante la pandemia, basata su robusti interventi anticiclici a sostegno di imprese, lavoratori e famiglie e con una forte attenzione ai più deboli, può sorprendere chi ha avversato quell’indirizzo. Certo, non noi che l’abbiamo promosso e reso possibile in Italia e in Europa affinché non si ripetessero gli errori della crisi precedente segnata dall’austerità. Quel dibattito può ora ritenersi concluso. Rispetto al nostro lavoro preparatorio, va sottolineato che una delle principali novità è il rafforzamento degli interventi contro la povertà, con l’aumento a 1,5 miliardi dello stanziamento per il reddito di emergenza: è un merito innanzitutto del Pd e del ministro Orlando».

Alcune forze politiche, anche di governo, propongono anche importi molto elevati per il secondo tempo. La Lega chiede a Draghi sino a 100 miliardi…

«Inviterei a non sparare numeri a caso, la Lega deve smettere di fare propoganda. Dall’inizio della crisi ci siamo presi la non facile responsabilità di varare interventi per dimensione secondi solo a quelli tedeschi, il che non era affatto scontato per l’Italia. Questo, è stato determinante per contenere l’impatto economico e sociale della pandemia ed è anche risultato in un deficit più basso delle previsioni grazie al rimbalzo dell’economia e all’aumento delle entrate. So bene che è giusto proseguire con il sostegno all’economia come ha indicato il premier. Dopodiché bisogna essere consapevoli che, anche in un momento eccezionale come questo, il nostro spazio fiscale non è illimitato, e che per un rilancio duraturo servono investimenti e riforme».

Quali sono le priorità?

«Innanzitutto, e ovviamente, la finalizzazione del Recovery plan, anche per poter effettivamente usufruire dell’anticipo del 13%. La sfida è conciliare la rapidità della messa a terra con l’ambizione trasformativa degli interventi su green, digitale, infrastrutture sociali e sulle tre priorità trasversali: donne, giovani e sud. Qui sarà essenziale non solo la governance ma la capacità di coinvolgere attivamente gli attori sociali e territoriali. E’ un’opportunità unica di cambiamento e deve essere affrontata come una grande impresa collettiva del Paese»”.

E le riforme?

«Oltre a quelle fondamentali di pubblica amministrazione e Giustizia, incluse nel Pnrrr, è cruciale la riforma fiscale. Qui dobbiamo sapere che, se vogliamo assicurare al tempo stesso una congrua riduzione dell’Irpef sui redditi medi e bassi e un adeguato finanziamento di Welfare e istruzione, serve progressività, allargamento della base imponibile, tassazione ambientale e un vigoroso contrasto all’evasione: il Pd non farà mancare una proposta ambiziosa. Intanto, occorre partire nei tempi previsti con l’assegno unico che è una riforma storica».

A proposito di lotta all’evasione. Questo è un «piccolo condono», lo ha riconosciuto il premier. Si o no?

«Il problema di mille miliardi di magazzino di cartelle largamente inesigibili – la cui gestione riduce l’efficienza della riscossione dei nuovi atti -, è reale e costituisce un unicum nel mondo. Dopodiché per affrontarlo in modo efficace ed evitando messaggi sbagliati serve contestualmente un rafforzamento effettivo dei poteri dell’agente della riscossione, in linea con le migliori pratiche internazionali. In assenza di ciò è stato giusto battersi per limitare al massimo l’intervento come ha fatto il Pd».

C’è un miliardo in più per il reddito di cittadinanza. Era inevitabile?

«Si, perché con la crisi è aumentata la platea, il che conferma che è stato giusto mantenere la misura. La vera sfida è sulle politiche attive del lavoro: tra stanziamenti di bilancio e Pnrr finalmente le risorse ci sono; ora è importante usarle al meglio e questo consentirà anche di affrontare i limiti del reddito di cittadinanza».

Le regole del Patto di stabilità prima o poi cambieranno. Quanto rischiamo?

«L’opportunità da cogliere, per cui ci battiamo da tempo, è ridurre la natura prociclica del Patto e introdurre un trattamento più favorevole per gli investimenti, a partire da quelli legati alla sostenibilità e all’innovazione. Il rischio da evitare è una maggiore penalizzazione per i paesi che ereditano un alto debito. Detto questo, bisogna evitare di pensare che la riforma del patto di stabilità sia di per sé salvifica».

Certo che non lo sarà.

«La partita decisiva è dotare l’Ue di una adeguata capacità di bilancio alimentata da debito comune europeo, rendendo strutturali le innovazioni di Next Generation Eu. D’altronde, se guardiamo a quanto fa Biden e alla portata delle grandi sfide globali come quella del cambiamento climatico, è chiaro che l’Europa deve proseguire sulla strada intrapresa con il necessario livello di ambizione. Sarà una partita difficile e decisiva, ma l’Italia ha tutte le carte in regola per giocarla da protagonista, soprattutto se saprà utilizzare al meglio le risorse del Recovery».

Una curiosità. Si farebbe vaccinare con Sputnik?

«Ho fiducia nelle autorità e nel governo. Quando sarà il mio turno farò il vaccino che mi sarà assegnato»

LA STAMPA

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