Enrico Letta: “Alleanza con i 5S, ma da loro niente veti. In Parlamento due donne capogruppo”

E poi?
«Il resto lo farà la nostra capacità di uscire dalla pandemia il più presto possibile. E possiamo farlo solo attraverso una campagna di vaccinazioni che raggiunga tutti il prima possibile».

Occorre creare prima possibile le condizioni per far ripartire il Paese.
«Le condizioni per la ripresa ci sono tutte. Penso ad esempio a città come la mia, Pisa, che vivono di turismo e di università. I sostegni sono fondamentali per resistere fino a quando torneranno i visitatori e le università saranno a pieno regime. E lo stesso vale per altre situazioni simili o basate su altri flussi ora bloccati».

Il governo ha dato la risposta giusta?
«Sì, il presidente è stato bravissimo nel limitare al massimo le richieste della Lega in fatto di condoni. Draghi e il governo al completo hanno saputo rispondere bene a un segretario di partito che ha tentato di prendere in ostaggio un intero Consiglio dei ministri. Questo anche grazie a un Pd unito che è più forte di prima. Il Pd diviso e debole non ce l’avrebbe fatta, questo è il primo frutto del nostro cambiamento».

Dunque, rispetto al Pd che si era arroccato attorno a Conte, ora questo Pd sente il nuovo governo come suo.
«Senza alcun dubbio. Non siamo noi a dover spiegare il sostegno a Draghi, semmai è la Lega che deve spiegare il suo. La Lega ha cambiato posizione sull’Europa, con una riunione fra Salvini e Giorgetti in un bar davanti a un caffè. Il Pd discute, anche animatamente. La Lega oggi è una caricatura della politica. In un altro bar fra qualche mese, davanti a un altro caffè, potrebbe tornare anche il Salvini di prima».

A un certo punto, durante il suo discorso di insediamento, ha citato una frase di papa Francesco che vorrebbe un mondo dove ci sia un abbraccio fra giovani e anziani e dove nessuno si salva da solo. Parole bellissime, poi però bisogna metterle in pratica.
«Abbiamo già cominciato. Con scelte rigorose per proteggere gli anziani, capendo però che non si possono dimenticare i ragazzi. Mi auguro che la chiusura delle scuole possa essere solo temporanea».(…)
Ci sarà (una guerra) per la scelta dei capogruppo alla Camera e al Senato?
«Questa settimana i gruppi ne discuteranno. Quando sono arrivato ho detto che c’è un problema enorme di presenza femminile nel nostro partito: tre ministri sono uomini, io sono un uomo. Penso che per forza di cose due capogruppo debbano essere due donne. Non possiamo fare una foto di gruppo del vertice del partito e presentare volti di soli maschi. In Europa sono cose che può fare Viktor Orbán in Ungheria o Mateusz Morawiecki in Polonia».

Quindi per Graziano Delrio e per Andrea Marcucci, i due capogruppo uscenti, il destino è segnato.
«Non è una bocciatura. Sono fra le figure di maggiore rilievo che abbiamo, hanno lavorato benissimo e potranno tornare utilissimi in altri ruoli. Siamo intorno alla metà della legislatura ed è giusto lasciare spazio a due donne».

Le sceglierà lei?
«Assolutamente no. Ai gruppi suggerisco che votino e scelgano senza drammi. Non le indico io le capogruppo, le scelgano. Tutti mi hanno votato, quindi non c’è maggioranza e minoranza. La mia esperienza lontano dal partito per sette anni mi suggerisce che oggi esiste una sensibilità per la quale non è immaginabile il maschilismo».

E dunque siamo al partito plurale. Anche qui non è proprio semplice, in un’epoca in cui tutti quanti sono andati verso partiti molto personalistici.
«Cominciamo dalla scelta di due vicesegretari, Irene Tinagli e Peppe Provenzano. Una è empolese, l’altro si è formato alla Scuola superiore Sant’Anna di Pisa. Li ho scelti fuori da ogni negoziato correntizio, sono due persone che incarnano due profili diversi fra loro. Appunto un partito plurale. Tanti potranno riconoscersi».

Anche la segreteria snella, quattro donne e quattro uomini, va in questa direzione.
«Fino a oggi troppi dirigenti, “todos caballeros”, poi non si decide mai».

Ci sono anche personalità esterne, uno – Mauro Berruto, ex ct azzurro del volley – non è neanche iscritto al Pd.
«Ho scelto Mauro sia perché lo sport lo abbiamo abbandonato e dimenticato. Ma anche perché il coach è bravo a raccontare la nostra idea di partito. Lo farò girare per circoli a spiegare cosa vogliamo fare». (…)

Con le alleanze in casa come la mettiamo?
«Se si va da soli si perde. Vogliamo unire la sinistra e lavorare a un discorso comune con i Cinque stelle. Ma senza veti. Battere le destre sarà difficilissimo, non possiamo dividerci».

Matteo Renzi (Italia Viva) dice no ai Cinque stelle.
«Atteggiamento sbagliato. Non è il nostro. Noi vogliamo aprire alleanze. Non mettiamo veti, non ne vogliamo».

In questi giorni ha ricevuto numerosi messaggi. Scegliamone due, uno del proprio campo e uno che arriva dal campo avverso.
«Uno che mi ha favorevolmente colpito è stato quello di Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia. Quello che ci siamo detti ovviamente resta fra noi, però posso dire che è stata una telefonata molto corretta come deve essere fra maggioranza e opposizione. Le istituzioni si riformano insieme, importante avere un bel rapporto».

E fra quelli degli amici?
«Un compagno di una vecchia sezione del Pci mi ha detto: “Ricordati che ti chiami Enrico”. Un messaggio pieno di affetto e che mi riempie di responsabilità. Per uno come me che non viene da quella storia, vale doppio. E non solo perché ho avuto sempre un gran rispetto per Enrico Berlinguer».

LA STAMPA

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