Letta e il partito che ha paura delle donne
Certo, come mormorano dalle viscere del partito, al neosegretario fa probabilmente piacere silurare due ex renziani di ferro come i capigruppo uscenti. Ma la motivazione che ne ha dato è ineccepibile: tentare di raggiungere l’equilibrio di genere lì dove non c’è. Otto anni fa, anche il governo Letta contava solo sette donne su 23 ministri: tornato oggi al centro della scena politica, l’ex premier lo ha fatto convinto di dover portare una ventata di novità nel partito. Il tema della rappresentanza femminile esiste, e va affrontato. Colpisce, nella giornata di ieri, il silenzio proprio delle elette, tutte potenzialmente candidate a ricoprire il ruolo di capogruppo. Non restino in attesa di essere cooptate, come le ha rimbrottate in una recente intervista a questo giornale Rosy Bindi, una che non ha mai chiesto il permesso prima di buttarsi nell’arena. E il segretario, dopo aver nominato vice vicaria una donna – Irene Tinagli -, dopo le capogruppo, ricordi che a ottobre, alle amministrative, bisogna scegliere molti candidati in giro per l’Italia. Il Paese è pieno di talenti femminili, ne scovi qualcuno.
LA STAMPA
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