Deriva centralista/ «Lo Stato c’è e ci sarà» Anche dopo la pandemia

ALESSANDRO CAMPI

«Lo Stato c’è e ci sarà». Sempre e sempre più. Sono parole di Mario Draghi, pronunciate a Bergamo nei giorni scorsi, durante la toccante cerimonia per l’istituzione, voluta dal Parlamento, della Giornata nazionale in ricordo delle vittime del Covid, che sarà celebrata il 18 marzo di ogni anno. 

Parole tutt’altro che di circostanza. Esse sono infatti suonate come un pubblico e solenne impegno: a non dimenticare il sacrificio di molti italiani e il dolore delle loro famiglie; a profondere ogni sforzo (e tutte le risorse necessarie) per contrastare la pandemia e i suoi rovinosi effetti economici e sociali. 

Ma così dicendo Draghi non ha mandato solo un messaggio doverosamente rassicurante, dopo le indecisioni e i ritardi con i quali per mesi la crisi è stata gestita dal precedente governo. Con una semplice frase ha colto l’essenza politica della fase storica che stiamo vivendo, segnata appunto – non solo in Italia, ma nella gran parte delle democrazie – da un ruolo del potere pubblico, a ogni livello, divenuto sempre più pervasivo e dirimente. E destinato con ogni probabilità a restare tale anche quando l’emergenza sanitaria sarà rientrata o attenuata. 

Le trasformazioni politiche sono spesso il frutto dei cambiamenti più o meno repentini che intervengono nella mentalità collettiva e nella psicologia delle masse.

Questi ultimi, difficili da controllare o prevedere, a loro volta nascono quasi sempre da shock sociali o traumi storici. Esattamente quel che è accaduto con lo scoppio della pandemia. Società fortemente individualiste come quelle occidentali, indisponibili a farsi dettare dall’alto norme di comportamento e regole di condotta, ossessionate dal mito della privacy e della libertà soggettiva, che nello Stato tendevano a vedere un “male necessario” o, al massimo, un arbitro della nostra vita collettiva dai poteri ben delimitati, hanno improvvisamente visto crollare le loro certezze e convinzioni. Sino a cambiare in modo drastico il loro modo di pensare e di atteggiarsi nei confronti dell’autorità sovrana.

Travolte dalla paura (a partire da quella più atavica e profonda, la paura di morire), in preda ad una crescente ansia (spesso irresponsabilmente indotta dal modo con cui la crisi è stata gestita sul piano della comunicazione pubblica e dai messaggi contrastanti provenienti dalla stessa comunità scientifica), preoccupate da un futuro che è ancora oggi quanto mai incerto e fosco, esse sono passate dal massimo dell’autonomia (rivendicata) verso lo Stato al massimo della dipendenza (apertamente invocata e desiderata) dallo Stato.

Al quale si è chiesto e si chiede ogni cosa: di salvarci dalla malattia o dal rischio di contrarla (assicurando a tutti cure mediche e una rapida vaccinazione), di sgravarci dal peso delle tasse, di salvaguardare i posti di lavoro, di sostenere le aziende in crisi, di aiutare chiunque si trovi in difficoltà economiche, di vigilare sul rispetto dei divieti finalizzati a contenere i contagi, di progettare la futura ripresa economica, di impegnarsi per riaprire al più presto le scuole, ecc.

Rating 3.00 out of 5

Pages: 1 2


No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.