Covid, Brusaferro (Cts): «La curva scende, c’è spazio per riaprire solo la scuola»
«In questa fase la curva dell’epidemia mostra finalmente segnali di decrescita. Dunque abbiamo guadagnato uno spazio per riaprire qualcosa ed è la scuola. Continuiamo così per guadagnare altri spazi». Silvio Brusaferro presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, portavoce del Comitato tecnico scientifico (Cts), usa una formula soft che, tradotta, potrebbe essere letta così. Se vogliamo rimandare i ragazzi in classe bisogna rinunciare al resto.
Quali sono le evidenze scientifiche recenti a favore di quello che lei definisce un investimento?
«La
scuola è sempre stata una priorità non solo in Italia. Anche
l’Organizzazione mondiale della sanità ha attivato un tavolo di lavoro
su questo tema. In situazioni in cui l’incidenza è elevata si deve
ricorrere alla didattica a distanza, però rendere possibile ai ragazzi
il ritorno sui banchi è l’obiettivo principale. Un elemento importante è
l’età. Nelle fasce più giovani l’infezione circola meno e c’è minore
rischio di trasmissione agli adulti. È un argomento di dibattito a
livello internazionale. Gli studi ci dicono che sono importanti le
misure di prevenzione nella didattica in presenza e che per evitare
l’aumento dell’incidenza serve anche uno stretto controllo sulle
attività che girano attorno alla scuola, prima e dopo»
Allora perché le scuole sono rientrare nel pacchetto dei divieti introdotti il 2 marzo?
«La situazione epidemica era diversa. Ora ci sono i segnali che la curva possa cominciare a scendere nelle prossime settimane, non dimenticando mai che fondamentali restano la sorveglianza e i controlli, non ci stancheremo mai di ripeterlo».
E poi?
«A questo si aggiunge la vaccinazione del personale scolastico. Un ulteriore fattore favorevole ad una riapertura permanente. Si spera di non dover più tornare indietro»
È sempre in piedi l’ipotesi di sottoporre gli alunni ogni settimana ai nuovi test salivari, di facile esecuzione e rapida risposta?
«Stanno
emergendo test diagnostici sempre nuovi ma prima vanno validati sul
campo e inseriti in programmi specifici. Alcune regioni hanno cominciato
con studi pilota. È ancora presto per decidere, servono maggiori
evidenze per capire quale potrebbe essere l’impatto di questi strumenti.
È un progetto su cui lavorare, aspettiamo i dati».
I divieti introdotti a marzo hanno portato i benefici attesi?
«Direi
di sì. La crescita dell’incidenza si è fermata, ora siamo a 247 casi
ogni 100mila abitanti rispetto ai 270 su 100mila della settimana
precedente. Osserviamo un lieve calo dell’Rt, da 1.16 a 1.08. Siamo però
ancora sopra l’unità mentre per cominciare ad essere più tranquilli
dovremmo arrivare a un valore significativamente inferiore a 1. Già la
prossima settimana ci aspettiamo che la curva scenda ancora. C’è una
grande differenza tra regioni. Il traguardo è arrivare sotto la soglia
dei 50 casi ogni 100mila abitanti. Al momento in alcuni territori sembra
lontano, invece è raggiungibile».
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