Piano Cartabia per potenziare la giustizia: “Rivoluzione digitale e 16 mila assunzioni”

Terzo fondamentale capitolo è il salto nel digitale. S’annuncia una vera rivoluzione. In Italia da diversi anni il processo civile è già passato alla dimensione digitale. Avvocati e giudice si trasmettono gli atti attraverso una piattaforma telematica, tagliando tempi e ostacoli. Molto spesso però le linee saltano, i server non rispondono, l’infrastruttura digitale non è all’altezza. Oltretutto la digitalizzazione si sta affacciando in Cassazione e nel settore penale. Quindi, nuovi investimenti.

Verranno spesi 83 milioni di euro soltanto per la digitalizzazione degli archivi, in modo da eliminare milioni di fascicoli e chilometri di scaffalature. Già questo passo, quando si arriverà a regime, permetterà un consistente risparmio di personale addetto alla gestione degli archivi stessi, che saranno richiamabili sul computer con un click, e anche la dismissione di edifici dove i fascicoli sono conservati.

Per una più sicura trattazione dei procedimenti, sia in termini di continuità del servizio, sia di protezione da hacker, si progetta una Rete dedicata del ministero della Giustizia con data-center nazionali, che significa maggiori garanzie di sicurezza, ma anche risparmi rispetto all’immagazzinamento di dati all’estero.

La pandemia ha poi costretto gli operatori della giustizia a lavorare in remoto. Dalla Corte costituzionale in giù, la legge è stata applicata con lo smart-working. Dato però che non si tornerà mai più del tutto indietro, e questo lavoro da remoto va reso più efficiente e più protetto, sono in arrivo 217 milioni di euro per lo smart-working.

E ancora, con 50 milioni si farà ricorso a data-base e intelligenza artificiale per avere al ministero un quadro sempre aggiornato sulle realtà giudiziarie. «Adeguate analisi statistiche giudiziarie nelle quali l’Italia è stata in passato all’avanguardia, che vanno potenziate e rese più veloci perché consentono quella misurazione dell’attività senza della quale non può esserci un migliore funzionamento». Da questo monitoraggio emergeranno i punti deboli del sistema, ma anche quelli di forza, le cosiddette «best practices» che poi spetterà al ministero e alla Scuola Superiore della magistratura far conoscere a tutte le toghe italiane.

LA STAMPA

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