Mario Draghi fuori dal bunker

Italian Prime Minister Mario Draghi during a press conference, in Rome, Italy, 26 March 2021. ROBERTO...
Italian Prime Minister Mario Draghi during a press conference, in Rome, Italy, 26 March 2021. ROBERTO MONALDO/ LAPRESSE/ POOL/ ANSA

Finalmente, se è consentito un termine un po’ maschilista nell’era del politicamente corretto, un uomo con gli attributi. O, con un linguaggio più sobrio: col coraggio delle parole e delle azioni, commisurato al momento. Due frasi, su tutte. Dice Salvini: è “impensabile” che non si possa riaprire ad aprile. Risposta, con al fianco il ministro Speranza, la cui presenza è già un messaggio: “Ciò che è pensabile o non pensabile, lo dicono i numeri”. Punto. E ancora, su Astrazeneca: “A me pare che alcune società abbiano venduto le dosi due o tre volte”.

La conferenza stampa di Mario Draghi è questo (per inciso: si può considerare archiviato il dibattito se sia un algido tecnico che non parla al Paese o se sia dotato di una sensibilità politica): non un autocompiaciuto sfoggio di leadership, ma un esercizio della medesima, in relazione alle urgenze che la situazione concreta pone. Perché ci sono dei momenti in cui è necessario lavorare in silenzio, altri che richiedono riflettori in relazione agli obiettivi che si perseguono, questo è il difficile equilibrio dell’arte di governo.

E questo è un momento che rende necessaria l’azione di governo anche sotto i riflettori, richiede cioè che l’opinione pubblica abbia punti di riferimento e parole di verità. La Caporetto europea dei vaccini, l’esito modesto del Consiglio europeo di ieri rispetto alle aspettative, le difficoltà delle campagne di vaccinazioni nei singoli paesi membri, che avranno ricadute sulla concessione dei passaporti vaccinali. C’è il rischio che ogni paese si muova da solo. Il problema di Astrazeneca è squadernato: l’azienda anglosvedese continua a mostrarsi inadempiente e a non mantenere gli impegni contrattuali assunti prima dell’inizio della campagna vaccinale. Nel corso del Consiglio europeo Draghi ha denunciato che la gestione europea della pandemia è stata un pasticcio e che “i cittadini si sentono ingannati da alcune case farmaceutiche”. Durante la conferenza stampa, a proposito di attributi, va oltre, alla destinazione dei vaccini a mercati paralleli. È chiaro che in questo quadro la tentazione sarebbe quella del blocco delle esportazioni, che però inevitabilmente creerebbe una frattura, forse stavolta davvero irreversibile, tra i partener europei. Non è detto che l’impegno, assunto anche dal premier italiano, porti a risultati al fine di evitare che ogni paese possa procedere autonomamente, ma lo sforzo è questo, adottando il criterio della proporzionalità e delle reciprocità come requisiti per il blocco dell’export.

Nell’ultima settimana Draghi è andato a Bergamo, la capitale italiana del dolore, ha pronunciato alla Camera un discorso severo verso le Regioni ribadendo la necessità di criteri univoci nella somministrazione dei vaccini, ha tenuto due conferenze stampa, in perfetto stile europeo, asciutte, sobrie, icastiche nell’affrontare i punti più divisivi, compresa la questione delle chiusure. Tutto racconta di un cambio di passo, anche comunicativo, fondato sulla consapevolezza di un passaggio cruciale e sul compito assunto, che non è quello del mediatore nell’ambito di una coalizione, ma di un uomo dello Stato chiamato a perseguire un’autonoma visione dell’interesse nazionale.

Perché poi il punto di fondo è questo. Negli ultimi quattro mesi si è “rovesciato” il sistema mondiale con l’Europa liquefatta sulle somministrazioni rispetto al mondo anglosassone, disvelando tutta la propria fragilità. Un conto è gestire il distanziamento sociale e le mascherine, strumenti di difesa noti sin dal tempo dell’influenza spagnola, altro sono i vaccini che chiamano in causa la capacità scientifica, industriale, economica di un paese. La Gran Bretagna è un paese, gli Stati Uniti uno Stato federale, l’Europa né l’uno né l’altro ma gigantesco ministero dominato dalle burocrazie. Solo chi questo edificio lo ha salvato può concedersi la franca brutalità di denunciarne limiti e ritardi, senza essere tacciato di “lesa maestà”, ingaggiando una polemica con le Big Pharma e con l’Europa in relazione all’eccessiva flessibilità con cui sono stati stipulati i contratti.

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