Brunetta: “Pronti ad assumere, ma per cinque anni senza semplificazione non c’è progresso”

ugo magri

ROMA. «Sono ottimista perché siamo entrati in una straordinaria congiunzione astrale», confida Renato Brunetta, ministro del governo Draghi per la Pubblica amministrazione. Spiega: «Abbiamo oggi la concreta possibilità non solo di metterci alle spalle la pandemia, ma di uscirne meglio rispetto a come ci eravamo entrati. Cioè più forti, più coesi, più attrezzati ad affrontare il futuro. Guai a perdere questa irripetibile occasione».

Non teme, ministro, che dire «ora o mai più» possa suonare retorico alle orecchie di un Paese stremato?
«No, perché questo è il momento. Aprile può essere il mese della svolta. Se riusciremo a vaccinare 500 mila persone al giorno, entro l’estate saremo sostanzialmente fuori dalla pandemia. Con la guardia alzata e tutte le precauzioni richieste; però siamo all’uscita dal tunnel. E non è tutto». Che altro vede di positivo?
«C’è un forte rimbalzo del Pil. Il prodotto nazionale ha ripreso a crescere del 4-5 per cento, un cambio di passo che non si vedeva dai tempi del “boom”. Certo, veniamo da un anno tragico per l’economia, ma questa impennata di cui poco si parla è il segnale che cambiano le aspettative. Lo prova anche l’aumento record dell’Indice Pmi della manifattura, che rileva i cambiamenti di variabili come produzione e nuovi ordini: a marzo è salito al massimo livello degli ultimi 21 anni. Stiamo ritrovando fiducia in noi stessi. Il tasso elevato di crescita è l’altra faccia del nuovo piano vaccinale: famiglie e imprese cominciano a credere che davvero potremo farcela. In più aggiungo il fattore politico, perché gioca a nostro favore».

Da che punto di vista?
«Abbiamo un governo che è sostanzialmente di unità nazionale, se si esclude la bravissima Giorgia Meloni. Non voglio parlarne perché sarei in chiaro conflitto di interessi. Ma a guidarlo c’è il leader migliore che la Repubblica potesse mettere in campo, Mario Draghi. La cui credibilità, se ci guardiamo intorno, non ha eguale al mondo. Con la statura giusta per farci valere in un’Europa non più matrigna, che finalmente ha scelto di indebitarsi nel nome della solidarietà. Quest’anno abbiamo la presidenza di turno del G20, la tribuna ideale per far conoscere quello che l’Italia intende fare per salvarsi dal baratro e come sta già guardando al Next Generation Eu, con tutte quelle riforme che aspettavamo dal dopoguerra e finalmente potremo mettere in cantiere. Ecco perché dico: questa è la volta buona».

Per lei, Brunetta, si annuncia l’impresa di gran lunga più disperata: ammodernare la burocrazia che è sempre stata la nostra palla al piede.
«Già, me lo dicono in molti con tanto di pacca sulla spalla, in segno di solidarietà e compatimento. Ma io la penso come il capo dello Stato. Se vogliamo cogliere l’opportunità della crisi per andare oltre, bisogna mettere al centro i volti della Repubblica. Che sono i medici, gli infermieri, gli insegnanti e le forze dell’ordine. Tutti insieme rappresentano oltre due terzi dei 3,2 milioni di dipendenti pubblici, cui vanno aggiunti i cosiddetti burocrati, da non confondere con la cattiva burocrazia. È il capitale umano da cui ripartire valorizzandolo, restituendogli orgoglio, autorevolezza, dignità. Non possiamo parlare di “medici eroi” senza dare loro il giusto riconoscimento economico. O far tornare i giovani dall’estero senza premiare il merito».

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