Tengo famiglia
di Massimo Gramellini
Alla ricerca di una giustificazione che lo rendesse meno odioso ai suoi connazionali e forse alla sua coscienza, il capitano di fregata e di fregatura Walter Biot ha spiegato di avere venduto segreti militari ai russi per motivi di famiglia. Il mutuo per la casa e il mantenimento della prole, tra cui una figlia che sta poco bene. Più o meno le stesse parole usate dalla moglie, che all’elenco ha aggiunto i quattro cani e le rate della palestra (ai tempi del Covid si pensava fosse chiusa). Messaggio sottinteso: Biot non ha tradito per comprarsi uno yacht, ma per salvaguardare il tenore di vita dei suoi cari. La famiglia come attenuante è un concetto squisitamente italiano, esasperato da una certa tv a ciglio umido. Se il capitano lo ha tirato in ballo è perché ci crede. E perché è convinto, con qualche ragione, che gli crederemo anche noi. Non tutti e non del tutto, ma «Tengo ª» è pur sempre lo slogan che Leo Longanesi proponeva di cucire sul tricolore: il movente insindacabile, la candeggina che smacchia ogni bruttura.
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