Vaccino Covid, Draghi fiducioso: la campagna procede. Regioni in pressing: alzare le saracinesche

di Monica Guerzoni

Per la prima volta da quando è presidente del Consiglio, Mario Draghi si trova assediato e pressato da ogni parte. I presidenti delle Regioni vogliono alzare le saracinesche delle attività economiche già dal 20 aprile, la Lega invoca un calendario delle riaperture, i ristoratori e gli ambulanti non reggono più le restrizioni e, complice chi soffia sul fuoco, si scontrano con le forze dell’ordine a pochi passi da Palazzo Chigi. Tornato nel pomeriggio dalla sua prima missione in Libia, Draghi ha trovato i manifestanti ancora in piazza e, al telefono con i ministri, ha dato la linea: solidarietà verso chi soffre, ma anche fermezza, per impedire che il disagio di chi non lavora a causa della pandemia venga strumentalizzato mettendo a rischio l’ordine pubblico.

Nuove limitazioni per AstraZeneca

Anche sul fronte vaccini i problemi non mancano. Il tanto atteso cambio di passo ancora non si vede e oggi potrebbe arrivare la notizia di una limitazione ulteriore nell’uso di AstraZeneca, il siero su cui l’Italia ha fortemente puntato. Eppure dalle stanze del governo arrivano messaggi tranquillizzanti. Il primo è che «i vaccini ci sono» e d’ora in avanti toccherà alle regioni dare il massimo per somministrarle. Il ministro della Salute Roberto Speranza pensa che adesso i governatori «hanno tutte le armi per correre» e ritiene che una eventuale limitazione di AstraZeneca non costringerà il commissario Figliuolo a modificare in corsa il piano italiano, perché «stiamo già vaccinando per anzianità».

La frenata? Fisiologica

Quanto alla frenata degli ultimi giorni, che ha visto l’asticella delle somministrazioni scendere sotto quota 100 mila, a Palazzo Chigi ritengono che un rallentamento in corrispondenza delle festività pasquali sia «fisiologico». E se da alcune regioni arriva la «forte preoccupazione» per i tagli di AstraZeneca, che il 14 aprile consegnerà 175 mila dosi invece delle 340 mila previste, anche qui l’input è ridimensionare, perché la metà delle dosi mancanti verrà distribuita assieme alle consegne del 16 e 23 aprile.

Ripartenze da decidere con le regione

Draghi insomma ha «piena fiducia» nel lavoro del generale Francesco Paolo Figliuolo e si mostra come lui convinto che, a fine mese, l’Italia raggiungerà le 500 mila iniezioni al giorno. Per il governo è un obiettivo strategico, al quale è legato il tema esplosivo delle riaperture. Per Draghi la campagna vaccinale e la ripartenza di bar, ristoranti, palestre, e cinema sono due facce della stessa medaglia, due dossier da esaminare insieme. Domani il capo dell’esecutivo lo farà con i presidenti delle Regioni durante un vertice che avrà al centro il Recovery plan, ma che di certo si allargherà al destino delle attività commerciali.

Pressioni da destra e sinistra

I governatori della Lega vogliono date precise per programmare «a lungo termine» la riapertura: «Via libera a cinema e teatri con il contingentamento, ristoranti aperti a cena nelle regioni con dati da zona gialla, locali con saracinesca alzata fino alle 18 anche in zona arancione…».
Il presidente della Liguria Giovanni Toti ricorderà a Draghi di essere stato lui a evocare «il gusto del futuro» e chiederà un calendario per riaprire. Ma le pressioni non vengono solo da destra. Il governatore dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, che guida la Conferenza delle Regioni, vede la curva del virus in discesa e si prepara a ragionare con il premier di «parziali riaperture».

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