La fine della solidarietà

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di   Massimo Gramellini

Non sarà troppo riduttivo e un po’ cinico bollare le proteste di ristoratori e ambulanti impoveriti dalla pandemia come la rivolta egoista di una piccola borghesia di «bottegai» che non pagano le tasse? Nessuno intende avallare blocchi stradali e danneggiamenti assortiti. Sbraitare l’uno sopra l’altro senza mascherina non è il modo ideale di garantire riaperture in sicurezza e forse continua a non esistere risposta migliore a questa tragedia che chiudere tutto il chiudibile per vaccinare il più in fretta possibile, magari partendo dai fragili e non dai raccomandati. Ma ascoltare le ragioni della disperazione è un esercizio minimo di umanità. Tra chi ieri ha fatto esplodere la sua rabbia per le strade c’erano agitatori politici di basso conio, ma anche commercianti che non vedono un euro da oltre un anno e piccoli imprenditori che per pagare gli stipendi sono ormai costretti a rivolgersi agli strozzini. Eppure, bastava scorrere le piazze virtuali dei social per accorgersi di una spaccatura drammatica che riecheggia nelle conversazioni private. La fine di ogni forma di empatia. I commentatori più feroci affermavano di non provare alcuna pietà per chi pratica «il nero». E i più miti, si fa per dire, sostenevano che chi si dedica all’iniziativa privata dovrebbe sapere che il rischio del fallimento fa parte del mestiere: insomma, un inno impietoso al darwinismo sociale, fatto da gente che spesso sui diritti civili si proclama orgogliosamente di sinistra.

La pandemia ha esasperato la spaccatura, trasformando i garantiti in tifosi acritici del lockdown – conta solo la salute, il resto seguirà – e gli autonomi in negazionisti o quantomeno in minimizzatori. Una guerra tra poveri – anzi, tra ex benestanti – combattuta a colpi di stereotipi: «fannulloni» contro «evasori», stipendiati contro autonomi, garantiti contro abbandonati a sé stessi. Funziona così: se un pensionato o un dipendente pubblico si lamenta per una disparità di trattamento ai suoi danni, il «popolo delle partita Iva» gli sbraita addosso, trattandolo da privilegiato. Quando invece, come ieri, sono le partite Iva a protestare, è dai tinelli a stipendio fisso e pensione assicurata che si levano sfottò contro una categoria accusata di voler attingere alla cassa comune dello Stato senza contribuirvi con il pagamento delle imposte.

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