Il fallimento di un’Europa senza identità
di GABRIELE CANÈ
Chissà su che divano ci hanno fatto accomodare quando abbiamo trattato gli acquisti dei vaccini? Non di prima fila di sicuro, quello dei clienti migliori. Se fossimo euroscettici ci fregheremmo le mani: visto che figura ha fatto Bruxelles! Siccome c’è di mezzo la vita e la salute di milioni di persone, e pure il presente e il futuro di una istituzione in cui vogliamo ancora credere, non troviamo invece nulla di cui rallegrarci. Anzi. Detto questo, però, non bisogna neppure essere “eurociechi”, quindi non vedere e non denunciare una situazione partita male e che continua a non ingranare al meglio.
Se tutta l’Europa balbetta, stenta, ritarda nelle forniture e nelle somministrazioni, e quindi nelle guarigioni e nelle riaperture, bisogna dirlo: il difetto è nel manico. Che sarebbe Bruxelles, e il governo continentale della Commissione. Benemerito e insostituibile in tante cose, pensiamo solo al paracadute quotidiano che ci offre la Bce comprando a man bassa i titoli di un Paese, il nostro, con un debito mostruoso che aumenta di 30 miliardi al mese solo in ristori, come fossero caramelle, e come se l’economia tirasse a mille. Ma fallimentare nel capitolo vitale delle fiale salvavita, in cui gli uomini di Big Pharma hanno potuto fare gli Erdogan (“il dittatore”) con i nostri compratori come il ras di Ankara con la von der Leyen; in cui i mercanti Ue (“mai più contratti cosi”, parola di Draghi) erano troppo sprovveduti per non sbattere i pugni o lasciare il salotto.
Ora è tardi e si naviga a vista, sperando che l’”amico” Biden faccia in fretta a vaccinare tutti i suoi (America First, ovvio) e arrivino i fiumi di dosi necessarie a farci immunizzare e ripartire; e che finisca pure la caccia ad AstraZeneca, troppo poco costosa per non avere qualche contro indicazione vera o…tedesca. Nel frattempo, sarebbe sbagliato non avviare da subito una riflessione su questa Europa.
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