Vaccini, ecco il nuovo piano Figliuolo: stop a chi non è in prima linea, subito gli over 80 e il personale scolastico finisce in coda

PAOLO RUSSO

ROMA. Alla fine l’attesa ordinanza del generale Figliuolo inviata in nottata alle Regioni non si discosta di una virgola dall’ultima versione del piano vaccinale del governo, se non fosse per il fatto che questa volta a impartire l’ordine ai governatori è un commissario con stellette e mostrine. L’ordine di priorità resta infatti: vaccinare «prevalentemente con AstraZeneca» gli over 80, poi i due milioni di estremamente vulnerabili, compresi familiari conviventi e caregiver, a seguire le persone di età compresa tra 70 e 79 anni, infine quelli tra 60 e 69. Con l’indicazione di completare in parallelo l’immunizzazione già avviata del personale sanitario e socio sanitario. Precisando che le dosi vanno riservate a chi tra loro è «in prima linea nella diagnosi, nel trattamento e nella cura del Covid-19 e che opera in presenza presso le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private». Di fatto uno stop ai vaccini elargiti fino ad oggi a man bassa a personale amministrativo, tecnici, e persino fornitori di Asl e ospedali. E non è forse un caso che anche il personale scolastico sia messo in coda.

Questo perché il generale sa bene che il nodo era e resta sempre quello della fascia di età 70-79 anni, colpita dal più alto tasso di mortalità ma con solo il 16% ad aver ricevuto la prima dose e appena il 2,3% il richiamo. In tutto quasi 5 milioni di anziani da immunizzare che diventano sei e mezzo con gli over 80 che devono ancora fare la puntura. Anche se il data base del ministero della Salute rivela che con gli oltre 8 milioni di dosi previste in consegna questo mese si potrebbero vaccinare tutti. Se le Regioni privilegeranno d’ora in avanti i nonni nelle vaccinazioni.

Intanto i super esperti più vicini a Draghi e Speranza si dividono su una mossa che potrebbe dare una bella accelerata alla campagna vaccinale. A lanciare l’idea è il coordinatore del Cts, Franco Locatelli: «Ci sono dati che indicano come sia possibile allungare l’intervallo da 21 a 42 giorni per il richiamo del vaccino Pfizer senza perdere l’efficacia della copertura vaccinale. E questo consentirebbe di incrementare il numero delle persone che possono ricevere la prima dose». «I presupposti immunologici e biologici ci son tutti, poi l’attuazione pratica spetta al ministero della Salute», precisa il professore, ascoltatissimo dal premier. E anche Massimo Galli del Sacco di Milano approva, se pur con un paletto: «Escludendo i più fragili dai quali ci si attende una risposta immunitaria meno valida». Ma proprio da un fedelissimo di Speranza, il direttore della prevenzione del ministero, Gianni Rezza, arriva la mezza smentita. «Non credo che cambi l’indicazione di effettuare la seconda dose per i vaccini di Pfizer e Moderna, che è rispettivamente fissata a 21 e 28 giorni», è la replica secca.

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