Erdogan e il sofa-gate: diplomazia al lavoro con la Turchia. Ma la linea di Draghi non cambia

di Tommaso Ciriaco

Nessuno, ventiquattr’ore dopo, è in grado di affermare con certezza se quella definizione così dura dedicata al presidente turco Recep Tayyip Erdogan, “dittatore”, sia stata preparata, studiata e quindi scagliata in conferenza stampa seguendo un copione già scritto. Probabilmente no, o comunque: non tutto era stato pianificato. E nessuno può prevedere fino in fondo gli effetti di questa sortita. La sostanza, però – quella sì – ricalca una linea che Mario Draghi intende seguire nei prossimi mesi. Frutto di convinzioni consolidate e della nuova fase internazionale. Di certo, il premier è descritto in queste ore come sereno e non troppo turbato da quanto accaduto. Sia chiaro: i canali diplomatici sono già in movimento, com’è ovvio che sia in casi del genere. Ma il presidente del Consiglio non dà segnali di bruschi cambi di direzione, né di clamorose marce indietro. 

Esistono due piani, in questa partita. E vanno tenuti ben distinti. Il primo attiene all’incidente diplomatico della “sedia” negata alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che ha generato la reazione di Draghi. Netta, pubblica, in diretta televisiva, con il logo della Presidenza del Consiglio alle spalle. La più dura registrata in Europa. Ed è culminata con due parole che non si prestano a fraintendimenti: la presidente della Commissione è stata  “umiliata” e, soprattutto, Erdogan è un “dittatore” con cui comunque “si ha bisogno di collaborare”. 


La reazione di Ankara, immediata, ha portato alla convocazione dell’ambasciatore italiano in Turchia. E anche il ministro degli Esteri si è subito scagliato contro l’ex banchiere centrale. A fronte di questi eventi, molto si è messo in moto. “Se ne stanno occupando le diplomazie”, fanno sapere da Palazzo Chigi a metà giornata. Significa che i contatti tra le due rappresentanze sono in corso. Significa che il premier italiano ha già avuto modo di discutere della questione con il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, al telefono. E che nelle prossime ore incontrerà il responsabile della Farnesina, appena farà rientro in Italia reduce da due giorni di missione in Malì.

Ridurre il danno significa anche gradire la scelta di Matteo Salvini di rinviare a data da destinarsi il sit-in – previsto per stamane – di fronte alla rappresentanza diplomatica turca nella Capitale. Questa, dunque, è la tela diplomatica. Che sarà condizionata, evidentemente, anche dall’eventuale reazione pubblica di Erdogan, attesa per oggi ma che ancora, a sera, non è stata registrata dai media turchi. Ma le parole di Draghi vanno inquadrate anche allargando lo sguardo al contesto geopolitico internazionale. E’ questo il punto che segnalano tutti gli interlocutori di Palazzo Chigi, in queste ore. Un filo che partendo da Bruxelles, arriva fino a Tripoli e Washington.

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