Pietro Castellitto: la serie su Totti, la passione per Nietzsche. E mi piace andare oltre i conformismi
Parla come suo padre…
«Nietzsche in un aforisma dice che ognuno di noi è il seguito di nostro padre. Il conformismo del cinema? Ci si odia molto ma non esce mai, neanche nei film, la maggior parte (per inerzia e pigrizia), non sono portatori di un pensiero. Il presupposto è di cavalcare la morale dominante. Una volta gli artisti erano fuorilegge, oggi siamo invasi da damerini che copiano l’America, pulendosi la coscienza autocriticandosi».
Nei «Predatori» assistiamo a uno scontro…
«Tra borghesia illuminata e nostalgici. E’ una critica mascherata alla nostra epoca. Mi chiedo per quale motivo continuiamo a prendercela coi ragazzi che fanno il saluto romano e non siamo riusciti a creare nuovi simboli. Così, criticando, campiamo di rendita, è questa la vera decadenza. Ed è una forte contraddizione che, a costo di farci qualche nemico o sembrare pazzi, dovremmo dire».
Qual è il cinema con cui è cresciuto?
«Crimini e misfattidi Woody Allen, Festen, Le onde del destino, tutto Scorsese, Spielberg, C’eravamo tanto amati e C’era una volta in America».
Sarà in «Freaks out» di Gabriele Mainetti.
«Sono uno dei quattro del circo che, nella Roma del 1943, cerca una via di fuga dalla città occupata dai nazisti».
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