Banda Ultralarga, la lenta rincorsa italiana contro il digital divide. Ecco i dati su ritardi e cantieri aperti
Daniele Tempera
Immaginate un Paese dove poter lavorare a distanza anche da un piccolo borgo del nostro mezzogiorno, dove i medici possono operare da remoto un paziente o dove la gestione del verde o del traffico delle nostre città sono regolate da un sistema di intelligenza artificiale. No, non è un affresco di tecno-ottimismo anni ‘90, ma quello che la tecnologia potrebbe permetterci a breve, a patto di una singola premessa: la diffusione capillare del 5g e della Banda Ultralarga. Non è un caso che le reti, e il digitale, siano uno degli aspetti strategici del piano definito “Next Generation EU” e della Commissione europea che ha stabilito obiettivi ambiziosi. Entro il 2030 tutte le famiglie europee dovranno poter usufruire di una connettività di almeno 1 Gbps e il 5G dovrà coprire tutte le aree popolate del continente. Più pragmaticamente, fra poco più di quattro anni, ovvero nel 2025, l’obiettivo è di dare invece una connettività di almeno 100mbps per tutte le famiglie europee e una copertura di 1Gbps per uffici, scuole, ospedali, biblioteche. Ma di cosa parliamo quando parliamo di “Banda Ultralarga”?
Raccontiamo velocità (e lentezza): ecco come partecipare
Proviamo a costruire una mappa dell’Italia e della sua velocità di connessione. Ecco perché chiediamo ai nostri lettori di condividere uno speed test, un modo per calcolare la capacità di download e di upload della nostra rete. In questo anno di smartworking e didattica a distanza per tutti la velocità (o la lentezza) ha fatto la differenza. In attesa della banda ultra larga e delle tecnologie più avanzate proviamo a raccontare come oggi – anno 2021 – navighiamo su internet.
C’era una volta la ADSL
In principio fu il rame. Standard creato nel 2000, le connessioni ADSL sfruttavano il doppino telefonico per scaricare e trasmettere dati in rete. Una soluzione che si appoggiava su tecnologie già esistenti per connettere abitazioni e aziende e che era caratterizzata da un’asimmetria tra download (più veloce) e upload (molto più lento). Da 640kbps si è arrivati, nel tempo, a velocità prossime ai 20mbps in download. Oggi la rivoluzione è costituita dalla luce, ovvero da una tecnologia nata negli anni ‘50, ma che sta rivoluzionando le nostre telecomunicazioni. Utilizzando segnali luminosi, invece che elettrici, e costituiti da filamenti vetrosi e polimerici, i cavi in fibra ottica permettono di trasportare dati in modo enormemente più veloce rispetto a quelli in rame. È la condizione essenziale per realizzare quella che è definita “banda ultralarga”. Secondo l’Agenda europea questa definizione può essere applicata a ogni rete caratterizzata da una connettività superiore ai 100mbps. Le reti in fibra ottica che arrivano fino a casa nostra (FFTH), promettono una velocità prossima a 1Gbps. Ma questa opzione non è certamente oggi la più diffusa.
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Come si osserva dallo schema sopra, esistono oggi tipi di architetture miste. La fibra ottica può terminare più o meno vicina alle nostre abitazioni per poi lasciare spazio al rame. O può interagire con reti wireless; in questo caso i dati viaggiano su onde elettromagnetiche fino alla prima centrale fisica disponibile in fibra (FWA), una soluzione particolarmente utile in aree difficili da cablare. A seconda delle varie opzioni la velocità di connessione sarà ovviamente diversa. Lo sforzo è però arrivare, nel più breve tempo possibile, a una copertura adeguata di reti in fibra ottica e wireless. Un obiettivo che richiede un grande sforzo economico e infrastrutturale e che assomiglia spesso a una lotta contro il tempo per non rimanere indietro nel nuovo mondo digitale. In Italia il conto alla rovescia è partito nel 2015.
Il piano italiano per la Banda Ultralarga
L’anno stabilito è il 2023. È questa la deadline stabilita dal piano di Banda Ultralarga (BUL) per le copertura di reti di ultima generazione delle cosiddette aree bianche. Parliamo di aree a “fallimento di mercato”, cioè dove gli operatori privati non hanno in previsione di implementare la velocità di connessione ad almeno 30 Mbps ed è prioritario l’intervento statale. Il Piano di banda ultralarga è stato varato nel 2015 e divide infatti il territorio nazionale in quattro macroaree e cerca di conciliare pubblico e privato.
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