Noi e il virus, un’uscita faticosa
di Beppe Severgnini
Oggi un nuovo assaggio di libertà, in buona parte d’Italia. Tutte le Regioni — tranne Campania, Puglia, Sardegna e Valle d’Aosta — passano dalla zona rossa alla zona arancione. Per la Lombardia è il diciassettesimo cambio cromatico. La variazione permette di uscire liberamente di casa, all’interno del comune. Negozi, parrucchieri e centri estetici sono aperti. I ragazzi fino alla terza media possono rientrare a scuola; anche metà degli studenti delle superiori tornano in aula. Rientrano gli universitari. Restano le restrizioni per bar e ristoranti: solo asporto. Rimane il coprifuoco dalle 22 alle 5 del mattino.
Resta anche una consapevolezza: l’entrata nella fase acuta della pandemia — è accaduto tre volte in un anno — è sempre rapida e drammatica. L’uscita — ogni volta — si rivela lenta, complicata e faticosa. La fatica non consiste solo nel rispettare le regole. È faticoso anche guardarsi intorno e capire che alcuni non l’hanno fatto, non lo fanno e non lo faranno.
Ci sono violazioni veniali: le uscite di casa, anche in zona rossa, sono ormai lasciate alle responsabilità individuali (un’autoregolamentazione ufficiosa e silenziosa, secondo la migliore tradizione nazionale). Ci sono poi violazioni dettate dall’età e dall’esasperazione: mi chiedo chi si sia avvicinato a un gruppetto di adolescenti intimandogli di mantenere le distanze. Ci sono, infine, violazioni irritanti: dai bar che chiudono la porta d’ingresso e aprono quella sul retro; al calcio, che insiste per ottenere privilegi (come può, il governo, garantire che gli stadi italiani saranno aperti per i campionati Europei?).
I media, com’è giusto, devono segnalare episodi ed eccessi, che purtroppo non sono mancati. Ma non sono trecento esagitati riuniti a Milano per un video rap a rivelare la temperatura sociale. In grandissima maggioranza — ripetiamolo, anche se molti non vogliono sentirlo dire — noi italiani abbiamo dimostrato tenacia e pazienza. Alcuni hanno sofferto — soffrono ancora — più di altri. Sarebbe opportuno pensare a loro: sostegni e ristori servono a galleggiare, non a riprendere la navigazione.
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