Draghi sceglie Bernabè per portare Ilva fuori dalle secche

di Giovanni Pons

La richiesta è arrivata da Mario Draghi in persona, visto che i due si conoscono dal lontano 1972. Segno che il presidente del Consiglio sta prendendo in mano i dossier più scottanti dell’economia per cercare di imprimere una sterzata rispetto alle indicazioni dei precedenti inquilini di Palazzo Chigi. E Franco Bernabè, ex ad dell’Eni negli anni ’90 e per ben due volte ad di Telecom Italia tra il 1999  eil 2013, non ha potuto opporre un rifiuto, anche se il compito appare gravoso.

Da presidente di Ilva dovrà infatti coordinarsi con l’amministratore delegato e indirizzare le scelte per cercare di far uscire dalle secche l’acciaieria più importante d’Europa. La svolta dovrebbe arrivare a maggio quando il Ministero dell’Economia sbloccherà i 400 milioni con cui Invitalia parteciperà all’aumento di capitale di Am InvestCo – la società di ArcelorMittal che gestisce gli impianti siderurgici – diventandone socia al 40%. In virtù di questa quota la società guidata da Domenico Arcuri potrà designare tre persone per il nuovo consiglio di amministrazione, tra cui il futuro presidente, mentre al gruppo franco-indiano, a cui rimarrà una partecipazione del 60%, spetteranno altri tre consiglieri tra cui indicare l’amministratore delegato. 

La vera questione, a questo punto, è se il gruppo guidato da Lakshmi Mittal vorrà confermare nel ruolo di capoazienda Lucia Morselli, a un anno e mezzo di distanza dalla sua designazione. In effetti la manager cresciuta alla scuola di Franco Tatò si è fatta conoscere in questo periodo per una gestione dal pugno di ferro che ha portato dei risultati gestionali di tutto rispetto ma anche molti malumori.

Seguendo le orme del suo mentore ha tagliato i costi sia a livello manageriale, respingendo le richieste di inserimento nelle prime linee di uomini targati ArcelorMittal tranne il direttore finanziario, sia a livello di personale operativo, gestendo la Cassa Integrazione Covid in modo da minimizzare gli esborsi. Molti sacrifici per la forza lavoro, dunque, giustificati da una domanda di acciaio che nel periodo più buio della pandemia è crollata del 70%. Ma dall’altro lato il suo carattere brusco ha esasperato gli animi, reso più tese le relazioni sindacali, i rapporti con i fornitori e quelli con le istituzioni.

Esemplificativa in questo senso è l’ultima mossa per cui l’Ilva si è guadagnata le pagine dei giornali, con il licenziamento in tronco di un dipendente accusato di aver condiviso sui social un post sulla fiction Mediaset  “Svegliati amore mio”. La miniserie racconta una vicenda per molti aspetti analoga a quella del rione Tamburi di Taranto, dove la presenza del polo siderurgico, a ridosso delle abitazioni del quartiere, ha prodotto effetti devastanti sulla salute degli abitanti.

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