Il Copasir e il Colle
E’ bastato ignorare che quel percorso dispone che l’esame delle leggi, in Commissione e tassativamente nelle Assemblee, si snodi articolo per articolo, per dichiarare ammissibili interi e inestricabili testi di legge compressi in un solo articolo – chiamato impropriamente maxiemendamento -, proveniente direttamente dal governo; e, grazie all’abbinamento con la posizione della fiducia, capaci di spogliare le Camere e i parlamentari delle rispettive prerogative costituzionali, riducendole a quel voto di fiducia. Così, in sintesi estrema, ma la vicenda merita ben altra considerazione. Di questo passo, ma forse già ora, il rischio vero è che il primato, nella gerarchia delle fonti, passi a un’altra legge, quella del più forte. Lo scontro in atto rivela un’altra degenerazione istituzionale, l’assalto senza ritegno alle posizioni di direzione degli organi bicamerali di garanzia e di controllo: in primo luogo le commissioni di inchiesta, dotate dei poteri enormi della magistratura, fino al mandato di arresto. Poteri che ne fanno terreno prediletto di regolamenti di conti tra maggioranza e opposizioni, mentre quegli organismi erano nati per la tutela delle minoranze. Qualcuno ricorderà Telekom Serbia, Mitrokhin, Igor Marini. O ricorderà la fatica di dare un presidente a inchieste nelle quali il bersaglio era Bankitalia. Trattare il caso Copasir alla stregua di un delicato caso giuridico è un abbaglio, colposo o doloso che sia. Se non avrà rapida soluzione secondo giustizia, ci vorrà il ricorso alla funzione persuasoria del Capo dello Stato. La cui terzietà non è mai stata oggetto di contestazioni, se non strumentali ed episodiche, da parte di soggetti politici poco in sintonia con la Costituzione. Ricordiamo la richiesta di messa in stato di accusa per la nomina di un ministro, prerogativa costituzionale del Capo dello Stato. —
LA STAMPA
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