Provenzano: “La nostra strada contro la rabbia”
Vicesegretario Giuseppe Provenzano, anche oggi ristoratori in piazza. Siamo solo davanti alla rivolta di alcune categorie o vede in queste proteste un principio di sgretolamento del tessuto sociale?
Il tessuto sociale è lacerato dalla pandemia, che ha aggravato divari già insostenibili tra cittadini, imprese e territori. A pagare di più sono stati i lavoratori precari, giovani e donne. E gli autonomi che vivono una nuova questione sociale. Nelle piazze di questi giorni ho visto la protesta ma anche le infiltrazioni dell’estrema destra che non hanno nulla a che fare con loro. Anzi, prima si sciolgono le organizzazioni neofasciste come Casa Pound meglio è. Lo Stato deve isolare gli eversori. Ma la politica, e soprattutto la sinistra, deve guardare negli occhi la rabbia sociale, ascoltarla e rispondere.
Al netto delle strumentalizzazioni hanno ragione: ristori insufficienti e tardi, mancanza di aiuti sul fronte fiscale, in questo anno solo stati aiutati poco.
Noi chiediamo di rafforzare da subito i sostegni a chi è stato costretto a chiudere in queste settimane. I nostri emendamenti al Senato li rafforzano proprio per i piccoli esercenti. Il decreto si è rivelato insufficiente. Ecco perché serve un nuovo ampio scostamento.
Cosa proponete?
Un nuovo decreto, rivolto alle imprese, al lavoro e alle professioni. Con una novità che rispondo al malessere e ai bisogni concreti: agire non a compensare cali di fatturato, ma sostenere i costi fissi delle imprese: affitti, bollette, tasse comunali. E poi, più in prospettiva, vogliamo allungare le garanzie pubbliche sui prestiti e disinnescare in maniera strutturale la bomba sociale della montagna di debiti privati contratti dalle imprese durante la pandemia, favorendo la ricapitalizzazione.
Pensa che basti?
No, non basta. La piazza chiede le aperture. Ma lo chiedono anche i cittadini chiusi in casa. Io rigetto la rappresentazione di una destra che vuole aprire e una sinistra che vuole chiudere. Noi abbiamo voluto che riaprisse la scuola. Ora vogliamo riaprire ristoranti e piccoli esercizi, i luoghi della cultura, non ci rassegniamo al coprifuoco. Ma tutto questo vogliamo farlo in sicurezza. E in modo irreversibile, per evitare quello che è accaduto in Sardegna. Per questo ogni sforzo dev’essere orientato ad accelerare la campagna vaccinale per gli over 60.
Non crede che, in questo clima, sia positivo che Salvini sia al governo? Se non lo fosse starebbe in piazza a soffiare sulla rivolta, come fa la Le Pen in Francia. Invece così è corresponsabile, infatti parecchi dei manifestanti ce l’hanno con lui.
Vuole la verità? Penso che aver riportato la destra al governo sia stato un grave errore e un danno al Paese. Le faccio un esempio di questi giorni. Se invece di buttare i soldi pubblici con il condono chiesto dalla Lega sulle multe di quindici anni fa, magari anche chi potrebbe pagarle benissimo, avessimo rafforzato ristori e sostegni alle partite Iva sarebbe stato meglio. Quanto a Salvini, non so se a fischiarlo fossero i ristoratori o quelli di Casa Pound. In quest’ultimo caso, non entrerei nei dissidi tra vecchi amici, affari loro.
Non ritiene che questa narrazione sullo strapotere di Salvini sia del tutto priva di fondamento? È in un governo dichiaratamente europeista e si muove in continuità sulle chiusure. Non sono questioni di poco conto per la Lega.
Ma quale strapotere? Salvini ha perso consenso da quando abbiamo formato il governo Conte II e non lo guadagna adesso. Ora è schiacciato da Giorgetti e Zaia da un lato e dalla Meloni dall’altro. E così va da Orban e dal leader polacco. Due governi che agiscono contro l’interesse europeo, ma soprattutto contro l’interesse nazionale. Altro che chiacchiere. Fosse per loro, non avremmo mai avuto i soldi di Next Generation Eu. Chissà se avrà parlato delle delocalizzazioni in Polonia, tra le cause delle crisi industriali che il ministro del suo partito dovrebbe risolvere.
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