Della Valle: «Il Centro Italia può ripartire se si investe sui distretti industriali»
Presidente Diego Della Valle, di recente la Svimez ha prodotto un rapporto allarmante sulla frammentazione del Centro. Un’area che in qualche modo si sta meridionalizzando. Dove nasce questo declino?
«Non
ho letto l’indagine, ho però qualche idea in merito alla frammentazione
del Centro. Direi intanto di dividere il Centro Nord dal Centro Sud
poiché è differente. Credo che il fatto che molti comprensori
industriali, che sono stati la spina dorsale in queste regioni, oggi
purtroppo smobilitati, o comunque molto depotenziati, tutto questo
sicuramente non aiuta».
Quali sono le ragioni della smobilitazione?
«Le
ragioni sono molteplici, in alcuni casi riguardano la competitività
mondiale, per cui bisognava forse molti decenni fa preparare piani di
politica industriale che salvaguardassero i distretti o che
permettessero di riconvertirli in attività competitive».
È
possibile che il Centro rischi di rimanere in qualche modo schiacciato
tra le pretese autonomiste del Nord e un Sud che tenta per la prima
volta di aggregarsi per riagganciare il treno della crescita economica?
«Come
detto dobbiamo distinguere il Centro Nord dal Centro Sud. Il Centro
Nord sarà positivamente influenzato dalle regioni economicamente più
evolute e sempre di più tenterà di rimanere attaccato alle regioni del
Nord con buona possibilità di successo. Devono fare in modo di reagire
anche le regioni del Centro Sud, perché altrimenti corrono il rischio di
perdere competitività e soprattutto di non avere un futuro industriale
né grande né piccolo, né nazionale né tanto meno internazionale. Queste
sono cose che le imprese non possono fare da sole».
Chi le deve aiutare?
«Ci
vuole una politica economica del Paese, pensata in modo specifico per
queste aree, tentando di portare soluzioni veloci e lungimiranti,
lasciando da parte l’aria fritta».
L’aria fritta?
«Sì,
ma credo che alcuni esponenti che oggi guidano questo Paese abbiano
chiarissimo cosa bisogna fare e hanno l’esperienza necessaria per
contribuire a costruire un nuovo sistema economico per queste regioni. A
questo punto con l’enorme quantità di denaro che arriverà dall’Europa
ora bisogna pensare a un piano-paese complessivo, e non locale o
regionale, per sostenere anche parti dell’Italia che hanno più bisogno.
Questa è un’occasione irripetibile, guai a perderla».
Molto
si discute di infrastrutturazione. Si privilegia l’asse Nord-Sud,
mentre l’Est-Ovest rimane spesso ottocentesco. L’asse Ovest-Est può
essere portatore di sviluppo?
«Le infrastrutture più
importanti immagino che siano la digitalizzazione del Paese; la
viabilità in tutte le sue forme, strade, aeroporti, ferrovie; il sistema
scolastico e ovviamente il sistema sanitario. Avendo avuto la politica
la possibilità, in quest’anno e mezzo, di capire lo stato attuale di
questi sistemi infrastrutturali, penso che ci sia tanto da fare, ma i
mezzi che arrivano sono enormi e le persone che li dovranno assegnare
sono competenti. Mi viene quindi da pensare che potremo fare ottime
cose. Dopo tanti anni di pessimismo il Paese può veramente farcela a
cambiare».
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