L’imperatore di Marte

di   Massimo Gramellini

Elon Musk, 188 centimetri di altezza per 168 miliardi di patrimonio, si è autoproclamato imperatore di Marte. Per scherzo, ma anche no. Nel ristretto novero dei signori dell’universo, questo fanfarone di talento spicca per la sua diversità, in perenne bilico tra genio e follia. Bezos, Zuckerberg e Gates sono la versione tecnologica dei padroni delle ferriere: solidi, concreti, spietati. Musk parla più ai cuori che alle tasche, ma talmente bene da essersi riempito le sue. Figlio emigrato di madre assente e padre inibente, bullizzato dai coetanei, divenne ricco in Canada vendendo guide cittadine online. Da lì in poi ha venduto anche tanto fumo, ma cospargendolo di un profumo ormai introvabile: il futuro, del quale tutti abbiamo paura e nostalgia, mentre per lui è rimasto quello che immaginavamo da bambini, quando ci si sdraiava su un prato con la testa all’insù a contare le stelle: macchine a energia solare senza guidatore, treni incapsulati capaci di attraversare l’Italia in un’ora, microchip nel cervello per comunicare con la forza del pensiero. Il suo.

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