Dubbi e speranze da zona gialla. L’Italia riparte ma solo a metà

Maurizio Bologni ,  Luca Devito ,  Emanuela Giampaoli ,  Pasquale Tina ,  Marco Trabucco

Torino, il ristoratore

“Senza l’area per il dehors mi vietano di lavorare ma ho spese come tutti”

TORINO — «No, il dehors non ce l’ho e non lo posso fare. Davanti al ristorante ho il capolinea del bus, i clienti respirebbero i gas di scarico». Umberto Chiodi Latini è il titolare del Vintage 1997, storico ristorante torinese, da vent’anni stella Michelin. Il locale, frequentato da manager e professionisti, è in una piazza del centro storico, «sì, potrei mettere qualche tavolo nei giardini di fronte, ma per raggiungerli bisogna attraversare una strada trafficata e i camerieri rischierebbero la vita tutti i giorni».
Quindi prima di giugno non aprirà. «Non contesto la decisione del governo — dice — Si è affidato a un gruppo di esperti e presumo che questi facciano il loro lavoro con una certa conoscenza. Ma che non ci facciano aprire è triste, io francamente non so se riesco ad arrivare a fine maggio. In un anno avrò lavorato tre mesi e il calo di fatturato è enorme. L’asporto è stato un pannicello caldo».
«Un ristorante chiuso — aggiunge — costa come uno aperto, ma senza incassi. E io ho tenuto tutti gli 8 dipendenti. Quello che non capisco poi è perché qualche mese fa ci abbiano imposto una serie di regole per consentirci di riaprire al chiuso: diminuire il numero di coperti, mantenere la distanza di un metro tra i tavoli e così via. Ci siamo adattati, abbiamo anche speso per metterci a norma. Come mai quelle regole non valgono più? E poi la situazione è diversa da regione a regione: per dire, il clima di Torino a maggio non è quello della Sicilia».

Milano, il barista

“Questa non è una vittoria. Per ripartire davvero servono eventi e turisti”

«Questa riapertura non è certo una vittoria». Michele Berteramo è il titolare del cocktail bar e ristorante Movida in via Ascanio Sforza, sul Naviglio Pavese. Dovrebbe essere tra quelli che esultano perché il suo locale ha tavolini fuori: «Certo, è una cosa positiva e cominceremo a riaprire a pranzo: ma tutto ripartirà davvero solo con il ritorno dei turisti e delle discoteche».
Rimasto chiuso per cinque mesi, tranne le due settimane di zona gialla a febbraio («con l’asporto abbiamo avuto una brutta esperienza»), il suo cocktail bar punterà sui pranzi per ricominciare. «A differenza delle altre riaperture, almeno abbiamo una settimana per poterci organizzare — spiega —. Io sono sempre stato contrario al plexiglass, ma adesso dovrò cercare un sistema per schermare i tavoli: così anche se non ci sarà la distanza, ci sarà la barriera. Voglio fare qualcosa di carino però».
I Navigli, per loro conformazione, sembrano destinati a creare sempre assembramenti. «Noi possiamo solo consigliare alle persone di stare attente e di mantenere le distanze, rispettando le regole. Ma non siamo poliziotti, se ci dobbiamo mettere a controllare anche fuori allora è finita ancora prima di cominciare».
Ieri ha messo un post sui social del suo locale, annunciando la riapertura a breve: «Non so se solo per incoraggiarmi, ma ho ricevuto tante risposte positive. Speriamo bene».

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